BIBLIOTHECA AUGUSTANA

 

Tommaso Campanella

1568 - 1639

 

La città del sole

 

1602

 

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[Del modo come si vive]

 

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OSPITALARIO

Che e come mangiano? e quanto è lunga la vita loro?

 

GENOVESE

Essi dicono che prima bisogna mirar la vita del tutto e poi delle parti; onde quando edificaro la città, posero i segni fissi nelli quattro angoli del mondo. Il Sole in ascendente in Leone, e Giove in Leone orientale dal Sole, e Mercurio e Venere in Cancro, ma vicini, che facean satellizio; Marte nella nona in Ariete, che mirava di sua casa con felice aspetto l'ascendente e l'afeta. e la Luna in Tauro, che mirava di buono aspetto Mercurio e Venere, e non facea aspetto quadrato al Sole. Stava Saturno entrando nella quarta, senza far malo aspetto a Marte ed al Sole. La Fortuna con il capo di Medusa in decima quasi era, onde essi s'augurano signoria, fermezza e grandezza. E Mercurio, sendo in buono aspetto di Vergine e nella triplicità dell'asside suo, illuminato dalla Luna, non può esser tristo; ma, sendo gioviale, la scienza loro non mendica; poco curando d'aspettarlo in Vergine e la congiunzione.

Or essi mangiano carne, butiri, mele, cascio, dattili, erbe diverse, e prima non volean uccidere gli animali, parendo crudeltà; ma poi vedendo che era crudeltà ammazzar l'erbe, che han senso, onde bisognava morire, consideraro che le cose ignobili son fatte per le nobili, e magnano ogni cosa. Non però uccidono volentieri l'animali fruttuosi, come bovi e cavalli. Hanno però distinto li cibi utili dalli disutili, e secondo la medicina si serveno; una fiata mangiano carne, una pesce ed una erbe, e poi tornano alla carne per circolo, per non gravare né estenuare la natura. Li vecchi han cibi più digestibili, e mangiano tre volte il giorno e poco, li fanciulli quattro, la communità due. Vivono almeno cento anni, al più centosettanta, o duecento al rarissimo. E son molto temperati nel bevere: vino non si dona a' fanciulli sino alli diciannove anni senza necessità grandissima, e bevono con acqua poi, e così le donne; li vecchi di cinquanta anni in su beveno senz'acqua. Mangiano, secondo la stagione dell'anno, quel che è più utile e proprio, secondo provisto viene dal capo medico, che ha cura. Usano assai l'odori: la mattina, quando si levano, si pettinano e lavano con acqua fresca tutti; poi masticano maiorana e petroselino o menta, e se la frecano nelle mani, e li vecchi usano incenso; e fanno l'orazione brevissima a levante come il Pater Noster; ed escono e vanno chi a servire i vecchi, chi in coro, chi ad apparecchiare le cose del commune; e poi escono all'esercizio, poi riposano poco, sedendo, e vanno a magnare.

Tra loro non ci è podagre, né chiragre, né catarri, né sciatiche, né doglie coliche, né flati, perché questi nascono dalla distillazione ed inflazione, ed essi per l'esercizio purgano ogni flato ed umore. Onde è tenuto a vergogna che uno si vegga sputare, dicendo che questo nasce da poco esercizio, da poltroneria o da mangiar ingordo. Patiscono più tosto d'infiammazioni e spasmi secchi alli quali con la copia del buon cibo e bagni sovvengono; ed all'etica con bagni dolci e latticini, e star in campagne amene in bello esercizio. Morbo venereo non può allignare, perché si lavano spesso li corpi con vino ed ogli aromatici; e il sudore anche leva quell'infetto vapore, che putrefà il sangue e le midolle. né tisici si fanno, per non essere distillazione che cali al petto, e molto meno asma, poiché umor grosso ci vuole a farla. Curano le febri ardenti con acqua fresca, e l'efimere solo con odori e brodi grassi o con dormire o con suoni ed allegrie; le terzane con levar sangue e con reubarbaro o simili attrattivi, e con bevere acque di radici d'erbe purganti ed acetose. Di rado vengono a medicina purgante. Le quartane son facili a sanare per paure sùbite, per erbe simili all'umore od opposite; e mi mostraro certi secreti mirabili di quelle. Delle continue tengono conto assai, e fanno osservanza di stelle e d'erbe, e preghiere a Dio per sanarle. Quintane, ottane, settane poche si trovano, dove non ci sono umori grossi. Usano li bagni e l'olei all'usanza antica, e ci trovaro molti più secreti per star netto, sano, gagliardo. Si sforzano con questi ed altri modi aiutarsi contra il morbo sacro che ne pateno spesso.

 

OSPITALARIO

Segno d'ingegno grande, onde Ercole, Socrate, Macometto, Scoto e Callimaco ne patiro.

 

GENOVESE

E s'aiutano con preghiere al cielo e con odori e confortanti della testa e cose acide ed allegrezze e brodi grassi, sparsi di fiori di farina. Nel condir le vivande non han pari: pongono macis, mele, butiro e con aromati assai, che ti confortano gradevolmente. Non beveno annevato, come i Napolitani, neanche caldo, come li Chinesi, perché non han bisogno d'aiutarsi contra l'umori grossi in favor del natio calore, ma lo confortano con aglio pesto ed aceto, serpillo, menta, basilico, l'estate e nella stanchezza; né contra il soverchio calor dell'aromati aumentato, perché non escono di regola. Hanno pur un secreto di rinovar la vita ogni sette anni, senza afflizione, con bell'arte.

 

OSPITALARIO

Non hai ancora detto delle scienze e degli offiziali.

 

GENOVESE

Sì, ma poiché sei tanto curioso, ti dirò più. Ogni nove luna ed ogni opposizione sua fanno Consiglio dopo il sacrifizio; e qui entrano tutti di venti anni in suso, e si dimanda ad ognuno che cosa manca alla città, e chi offiziale è buono e chi è tristo. Dopo ogn'otto dì, si congregano tutti gli offiziali, che con il Sole, Pon, Sir, Mor; ed ognun di questi ha tre offiziali sotto di sé che son tredici, ed ognun di questi tre altri, che son tutti quaranta; e quelli han l'offizi dell'arti convenienti a loro, il Potestà della milizia, il Sapienza delle scienze, il Amore del vitto, generazione e vestito ed educazione; e li mastri d'ogni squadra, cioè caporioni, decurioni, centurioni sì delle donne come degli uomini. E si ragiona di quel che bisogna al publico, e si eleggon gli offiziali, pria nominati in Consiglio grande. Dopo ogni dì fa consiglio Sole e li tre Principi delle cose occorrenti, e confirmano e conciano quel che si è trattato nell'elezione e gli altri bisogni. Non usano sorti, se non quando son dubbi in modo che non sanno a qual parte pendere. Questi offiziali si mutano secondo la volontà del popolo inchina, ma li quattro primi no, se non quando essi stessi, per consiglio fatto tra loro, cedono a chi veggono saper più di loro, ed aver più purgato ingegno; e son tanto docili e buoni, che volentieri cedeno a chi più sa ed imparano da quelli; ma questo è di rado assai.

Li capi principali delle scienze son soggetti al Sapienza, altri che il Metafisico che è esso Sole, che a tutte le scienze comanda, come architetto, ed ha vergogna ignorare cosa alcuna al mondo umano. Sotto a lui sta il Grammatico, il Logico, il Fisico, il Medico, il Politico, l'Economico, il Morale, l'Astronomo, l'Astrologo, il Geometra, il Cosmografo, il Musico, il Prospettivo, l'Aritmetico, il Poeta, l'Oratore, il Pittore, il Scultore. Sotto Amore, sta il Genitario, l'Educatore, il Vestiario, l'Agricola, l'Armentario, il Pastore, il Cicurario, il Gran Coquinario. Sotto Podestà il Stratagemmario, il Ferrario, l'Armario, l'Argentario, il Monetario, l'Ingegnero, Mastro spia, Mastro cavallerizzo, il Gladiatore, l'Artegliero, il Frombolario, il Giustiziero. E tutti questi han li particolari artefici soggetti.

Or qui hai da sapere che ognun è giudicato da quello dell'arte sua; talché ogni capo dell'arte è giudice, e punisce d'esilio, di frusta, di vituperio, di non mangiar in mensa commune, di non andar in chiesa, non parlar alle donne. Ma quando occorre caso ingiurioso, l'omicidio si punisce con morte, ed occhio per occhio, naso per naso si paga la pena della pariglia, quando è caso pensato. Quando è rissa subitanea, si mitiga la sentenza, ma non dal giudice, perché condanna subito secondo la legge, ma dalli tre Principi. E s'appella pure al Metafisico per grazia, non per giustizia, e quello può far la grazia. Non tengono carceri, se non per qualche ribello nemico un torrione. Non si scrive processo, ma in presenza del giudice e del Potestà si dice il pro e il contra; e subito si condanna dal giudice; e poi dal Potestà, se s'appella, il sequente dì si condanna; e poi dal Sole il terzo dì si condanna, o s'aggrazia dopo molti dì con consenso del popolo. E nessuno può morire, se tutto il popolo a man comune non l'uccide; ché boia non hanno, ma tutti lo lapidano o brugiano, facendo che esso s'elegga la polvere per morir subito. E tutti piangono e pregano Dio, che plachi l'ira sua, dolendosi che sian venuti a resecare un membro infetto dal corpo della republica; e fanno di modo che esso stesso accetti la sentenza, e disputano con lui fin tanto che esso, convinto, dica che la merita; ma quando è cosa contra la libertà o contra Dio, o contra gli offiziali maggiori, senza misericordia si esequisce. Questi soli si puniscono con morte; e quel che more ha da dire tutte le cause perché non deve morire, e li peccati degli altri e dell'offiziali, dicendo quelli meritano peggio; e se vince, lo mandano in esilio e purgano la città con preghiere e sacrifizi ed ammende; ma non però travagliano li nominati.

Li falli di fragilità e d'ignoranza si puniscono solo con vituperi, e con farlo imparare a contenersi, e quell'arte in cui peccò, o altra, e si trattano in modo, che paiono l'un membro dell'altro.

Qui è da sapere, che se un peccatore, senza aspettare accusa, va da sé all'offiziali accusandosi e dimandando ammenda, lo liberano dalla pena dell'occulto peccato e la commutano mentre non fu accusato.

Si guardano assai dalla calunnia per non patir la medesima pena. E perché sempre stanno accompagnati quasi, ci vuole cinque testimoni a convincere, se non si libera col giuramento il reo. Ma se due altre volte è accusato da dui o tre testimoni, al doppio paga le pena.

Le leggi son pochissime, tutte scritte in una tavola di rame alla porta del tempio, cioè nelle colonne, nelle quali ci son scritte tutte le quiddità delle cose in breve: che cosa è Dio, che cosa è angelo, che cosa è mondo, stella, uomo, ecc., con gran sale, e d'ogni virtù la diffinizione. E li giudici d'ogni virtù hanno la sedia in quel loco, quando giudicano, e dicono: «Ecco, tu peccasti contra questa diffinizione: leggi»; e così poi lo condanna o d'ingratitudine o di pigrizia o d'ignoranza; e le condanne son certe vere medicine, più che pene, e di soavità grande.