BIBLIOTHECA AUGUSTANA

 

Virginia Galilei

1600 - 1634

 

Lettere al padre

 

1633

 

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97.

 

A Siena

San Matteo, 13 luglio 1633

 

Molto Illustre e Amatissimo Signor Padre.

 

Che la lettera che V. S. mi scrive da Siena (ove dice di ritrovarsi con buona salute) m'abbia apportato contento grandissimo, e similmente a Suor Arcangela, non occorre ch'io m'affatichi in persuadernela, perché Ella saprà meglio penetrarlo che non saprei io esplicarlo; ma ben vorrei sapergli descrivere il giubilo e allegrezza che queste madri e sorelle hanno dimostrato nel sentire il felice ritorno di V. S., ch'è veramente stato straordinario; poiché la madre Badessa, con molte altre, sentendo questo avviso, mi corsono incontro con le braccia aperte, e lagrimando per tenerezza e allegrezza; cosa veramente che mi ha legata per schiava di tutte, per aver da questo compreso quanto affetto esse portino a V. S. e a noi.

Il sentir poi ch'Ella se ne stia in casa d'ospite tanto cortese e benigno, quanto è monsignor Arcivescovo, raddoppia il contento e sodisfazione, ancorché ciò potessi esser con qualche pregiudizio del nostro proprio interesse, poiché facilmente potrà essere che quella così dolce conversazione la trattenga costì più lungamente di quello che avremmo voluto. Ma, già che qua per ancora non terminano i sospetti del contagio, lodo ch'Ella si trattenga e aspetti (come dice di voler fare) la sicurezza dagli amici più cari, li quali, se non con maggiore affetto, almeno con più sicurezza di noi potranno accertarla della verità.

Ma frattento stimerei che fossi bene il pigliar compenso del vino che si trova nella sua cantina, almeno d'una botte; perché se bene per ancora si va mantenendo buono, dubito che a questi caldi non faccia qualche stravaganza: e già quella botte che V. S. lasciò manomessa, del quale beono la serva e il servitore, ha cominciato a entrar in fortezza. V. S. potrà dar ordine di quello che vorrà che si faccia, perché io non ho troppa scienza in questo negozio; ma vo facendo il conto, ch'essendosi V. S. provvista per tutto l'anno, ed essendo stata fuori sei mesi, di ragione dovrà avanzarne, ancorché Ella tornasse fra pochi giorni.

Ma lasciando questo da parte, e venendo a quello che più mi preme, io veramente avrei desiderio di sapere in che maniera sia terminato il suo negozio con sodisfazione sua e de' suoi avversati, siccome m'accennò nella penultima che mi scrisse di Roma: faccilo con suo comodo, e quando sarà ben riposata, ché averò pazienza un altro poco aspettando di restar capace di questa contradizione.

Il signor Geri fu qui una mattina, mentre si dubitava che V. S. si trovasse in travaglio, e insieme con il signor Aggiunti fece in casa di V. S. l'opera, che poi mi avvisa che li ha fatto intendere, la quale ancora a me parve ben fatta e necessaria, per ovviare a tutti gli accidenti che fossero potuti avvenire, onde non seppi negargli le chiavi e l'abilità di farlo, vedendo massime la premura ch'egli aveva negli interessi di V. S.

Alla signora Ambasciatrice scrissi sabbato passato con quel maggior affetto ch'io seppi, e, se ne avrò risposta, V. S. ne sarà consapevole. Finisco perché il sonno m'assale essendo tre ore di notte, sì che V. S. m'averà per scusata se averò detto qualche sproposito. Gli ritorno duplicati i saluti per parte di tutte le nominate e particolarmente la Piera e Geppo, li quali per il suo ritorno sono tutti allegri; e prego Dio benedetto che gli doni la sua santa grazia.

 

figliuola Affezionatissima

S. M. Celeste.