B  I  B  L  I  O  T  H  E  C  A    A  U  G  U  S  T  A  N  A
           
  Virginia Galilei
1600 - 1634
     
   



L e t t e r e   a l   p a d r e

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      1.

      A Firenze

      San Matteo, 10 maggio 1623


      Molto Illustre Signor Padre.
      Sentiamo grandissimo disgusto per la morte della sua amatissima sorella e nostra cara zia; ne abbiamo, dico, gran dolore per la perdita di lei e ancora sapendo quanto travaglio ne avrà avuto V. S. [Vostra Signoria], non avendo lei, si può dir, altri in questo mondo, né potendo quasi perder cosa più cara, sì che possiamo pensar quanto gli sia stata grave questa percossa tanto inaspettata. E, come gli dico, partecipiamo ancor noi buona parte del suo dolore, se bene dovrebbe esser bastato a farci miglior conforto la considerazione della miseria umana, e che tutti siamo qua come forestieri e viandanti, che presto siamo per andar alla nostra vera patria nel Cielo, dove è perfetta felicità, e dove sperar doviamo che sia andata quell'anima benedetta. Sì che, per l'amor di Dio, preghiamo V. S. a consolarsi e rimettersi nella volontà del Signore, al quale sa benissimo che dispiacerebbe facendo altrimenti; e anco farebbe danno a sé ed a noi, perché non possiamo non dolerci infinitamente, quando sentiamo ch'è travagliata e indisposta, non avendo noi altro bene in questo mondo che lei.
      Non gli dirò altro, se non che di tutto cuore preghiamo il Signore che la consoli e sia sempre seco, e con vivo affetto la salutamo.

      figliuola Affezionatissima
      S. Maria Celeste.


      2.

      In Villa

      10 agosto [1623]


      Molto Illustre Signor Padre.
      Il contento che mi ha apportato il regalo delle lettere che mi ha mandato V. S. scrittegli da quell'illustrissimo Cardinale, oggi sommo Pontefice, ci è stato inesplicabile, conoscendo benissimo in quelle, qual sia l'affezione che le porta, e quanta stima faccia della sua virtù. Le ho lette e rilette con gusto particolare, e glie le rimando come m'impone, non l'avendo mostrate ad altri che a Suor Arcangela, la quale insieme meco ha sentito estrema allegrezza, per veder quanto lei sia favorita da persona tale. Piaccia pure al Signore di concedergli tanta sanità quanta gli è di bisogno per adempire il suo desiderio di visitar Sua Santità, acciocchè maggiormente possa V. S. esser favorita da quella; e anco vedendo nelle sue lettere quante promesse gli faccia, possiamo sperare che facilmente avrebbe qualche aiuto per nostro fratello.
      Intanto noi non mancheremo di pregar il Signore, dal quale ogni grazia deriva, che gli dia di ottener quanto desidera, purché sia per il meglio.
      Mi vo immaginando che V. S. in questa occasione avrà scritto a Sua Santità una bellissima lettera per rallegrarsi con lei della dignità ottenuta, e, perché sono un poco curiosa, avrei caro, se gli piacesse, di vederne la copia, e la ringrazio infinitamente di queste che ci ha mandate, e ancora dei poponi a noi gratissimi. Le ho scritto con molta fretta, imperò la prego a scusarmi se ho scritto così male. La saluto di cuore insieme con l'altre solite.

      figliuola Affezionatissima
      S. M. C.


      3.

      In Villa

      13 agosto 1623


      Molto Illustre Signor Padre.
      La sua amorevolissima lettera è stata cagione che io a pieno ho conosciuta la mia poca accortezza, stimando io che così subito dovessi V. S. scrivere a una tal persona, o per dir meglio al più sublime signore di tutto il mondo. Ringraziola adunque dell'avvertimento, e mi rendo certa che, mediante l'affezione che mi porta, compatisca alla mia grandissima ignoranza e a tanti altri difetti che in me si ritrovano. Così mi foss'egli concesso il poter di tutti essere da lei ripresa e avvertita, come io lo desidero e mi sarebbe grato, sapendo che avrei qualche poco di sapere e qualche virtù che non ho.
      Ma poiché, mediante la sua continua indisposizione, ci è vietato infino il poterla qualche volta rivedere, è necessario che pazientemente ci rimettiamo nella volontà di Dio, il quale permette ogni cosa per nostro bene.
      Io metto da parte e serbo tutte le lettere che giornalmente mi scrive V. S., e quando non mi ritrovo occupata, con mio grandissimo gusto le rileggo più volte, sì che lascio pensare a lei se anco volentieri leggerò quelle che gli sono scritte da persone tanto virtuose e a lei affezionate.
      Per non la infastidire di troppo, farò fine, salutandola affettuosamente insieme con Suor Arcan-gela e l'altre di camera, e Suor Diamante ancora.

      figliuola Affezionatissima
      S. M. Celeste.


      4.

      A Firenze

      San Matteo, 17 agosto 1623


      Molto Illustre Signor Padre.
      Sta mattina ho inteso dal nostro fattore che V. S. si ritrova in Firenze indisposta: e perché mi par cosa fuora del suo ordinario il partirsi di casa sua quando è travagliata dalle sue doglie, sto con timore, e mi vo immaginando che abbia più male del solito.
      Pertanto la prego a darne ragguaglio al fattore acciocchè, se fosse manco male di quello che temiamo, possiamo quietar l'animo. Ed invero che io non m'avveggo mai d'esser monaca se non quando sento che V. S. è ammalata, poiché allora vorrei poterla venir a visitare e governare con tutta quella diligenza che mi fosse possibile. Orsù ringraziato sia il Signore Iddio d'ogni cosa, poiché senza il suo volere non si volta una foglia.
      Io penso che in ogni modo non gli manchi niente, pur veda se in qualche cosa ha bisogno di noi e ce l'avvisi, che non mancheremo di servirla al meglio che possiamo. Intanto seguiteremo, conforme al nostro solito, di pregare nostro Signore per la sua desiderata sanità, e anco che gli conceda la sua santa grazia. E per fine di tutto cuore la salutiamo insieme con tutte di camera.

      figliuola Affezionatissima
      S. M. Celeste.


      5.

      A Firenze

      San Matteo, 21 agosto 1623


      Molto Illustre e Amatissimo Signor Padre.
      Desiderosa oltremodo d'aver nuove di V. S. mando costì il nostro fattore, e per un poco di scusa gli mando parecchi pescetti di marzapane, quali, se non saranno buoni come quelli d'Arno, non penso che siano per essere cattivi affatto per lei, e massimamente venendo da San Matteo.
      Non intendo già d'apportargli incomodo o fastidio con questa mia, per causa dello scrivere, ma solo mi basta d'intendere a bocca come si sente, e perché se niente possiamo in suo servizio ce l'avvisi. Suor Chiara si raccomanda a suo padre e a suo fratello e a V. S. di tutto cuore; e il simile facciamo ambedua noi, e dal Signore Iddio gli preghiamo e desideriamo la perfetta sanità.
      Ricevemmo i poponi e' cocomeri buonissimi, e ne la ringraziamo.

      figliuola Affezionatissima
      S. M. Celeste.


      6.

      A Firenze

      San Matteo, 28 agosto 1623


      Molto Illustre Signor Padre.
      Ci dispiace grandemente il sentire che per ancora V. S. non pigli troppo miglioramento, anzi che se ne stia in letto travagliata e senza gusto di mangiare, che tanto intendemmo ieri da messer Benedetto. Niente di manco abbiamo ferma speranza che il Signore, per sua misericordia, sia per concedergli in breve qualche parte di sanità, non dico in tutto, parendomi quasi impossibile, mediante le sue tante indisposizioni, quali continuamente la molestano, e le quali indubitatamente gli saranno causa di maggior merito e gloria nell'altra vita, essendo da lei tollerate con tanta pazienza.
      Ho cercato di provveder quattro susini per mandargli e gliene mando, se bene non sono di quella perfezione che avrei voluto; pure accetti V. S. il mio buon animo.
      Gli ricordo che quando riceve risposta da quei signori di Roma, m'ha promesso di concedermi che ancor io la possa vedere; dell'altre lettere, che m'aveva promesso mandarmi, non starò a dirgli niente, imaginandomi che le tenga in villa. Per non l'infastidire troppo non gli dico altro, se non che di tutto cuore la saluto insieme con Suor Arcangela e l'altre solite. Nostro Signore la consoli e sia sempre seco.

      figliuola Affezionatissima
      S. M. C.


      7.

      A Firenze

      San Matteo, ultimo d'agosto 1623


      Molto Illustre e Amatissimo Signor Padre.
      Ho letto con gusto grandissimo le belle lettere da lei mandatemi. La ringrazio, e gliene rimando con la speranza però d'averne per l'avvenire a veder dell'altre. Mandogli appresso una lettera di Vincenzio acciocchè con comodo gliela mandi.
      Ringrazio il Signore, e mi rallegro con lei del suo miglioramento, e la prego a riguardarsi più che gli è possibile fino a tanto che non racquista la desiderata sanità. La ringrazio delle sue troppo amorevolezze, che in vero, mentre che ha male, non vorrei che di noi si pigliassi tanto pensiero. La saluto con ogni affetto, insieme a Suor Arcangela, e da Nostro Signore gli prego abbondanza della sua grazia.

      figliuola Affezionatissima
      S. M. Celeste G.


      8.

      A Bellosguardo

      San Matteo, ultimo di settembre [1623]


      Amatissimo Signor Padre.
      Le mando la copiata lettera, con desiderio che sia in sua satisfazione, acciocché altre volta possa V. S. servirsi dell'opera mia, essendomi di gran gusto e contento l'occuparmi in suo servizio.
      Madonna non si trova in comodità di comprar vino, fino che non sarà finito quel poco ch'abbiamo ricolto, sì che fa sua scusa appresso di lei, non potendo dargli satisfazione, e la ringrazia dell'avviso datogli intorno al vino. Quello che ha mandato a Suor Arcangela è assai buono per lei e ne la ringrazia: e io insieme con lei ne la ringrazio del refe e altre sue amorevolezze.
      Per non tenere a bada il servitore non dirò altro, se non che la saluto caramente in nome di tutte e dal Signore Iddio gli prego ogni desiderato contento.

      sua figliuola Affezionatissima
      S. M. Celeste.


      9.

      A Bellosguardo

      [autunno 1623 ?]


      Amatissimo Signor Padre.
      Le frutta che V. S. ha mandate mi sono state gratissime, per esser adesso, per noi, quaresima; sì come anco a Suor Arcangela il caviale; e la ringraziamo.
      Vincenzio si ritrova molto a carestia di collari, se bene egli non ci pensa, bastandogli averne uno imbiancato ogni volta che gli bisogna; ma noi duriamo molta fatica in accomodargli, per esser assai vecchi, e perciò vorrei fargliene quattro con la trina insieme con i manichini; ma perché non ho né tempo né danari per farli, vorrei che V. S. supplissi a questo mancamento col mandarmi un braccio di tela batista e 18 o 20 lire almanco per comprare le trine, le quali mi fa la mia signora Ortensa molto belle; e perché i collari usano adesso assai grandi, vi entra assai guarnizione; dopo che Vincenzio è stato così obediente a V. S. che porta sempre i manichini, perciò, dico, egli merita di avergli belli; sì che Ella non si maravigli se domando tanti danari. Per adesso non dirò altro, se non che di cuore saluto ambeduoi, insieme con Suor Arcangela. Il Signore la conservi.

      sua figliuola Affezionatissima
      S. M. Celeste.


      10.

      In Villa

      San Matteo, 20 ottobre 1623


      Molto Illustre e Amatissimo Signor Padre.
      Gli rimando il resto delle sue camice che abbiamo cucite e anco il grembiale quale ho accomodato meglio che è stato possibile. Rimandogli anco le sue lettere, che, per esser tanto belle, m'hanno accresciuto il desiderio di vederne delle altre. Adesso attendo a lavorare nei tovagliolini, sì che V. S. potrà mandarmi i cerri per metter alle teste, e gli ricordo che bisogna che siano alti, per esser i tovagliolini un poco corti.
      Adesso ho rimesso di nuovo Suor Arcangela nelle mani del medico, per vedere, con l'aiuto del Signore, di liberarla dalla sua noiosa infermità, che a me apporta infinito travaglio.
      Da Salvadore ho inteso che V. S. ci vuol venire presto a vedere, il che molto desideriamo; ma gli ricordo ch'è obbligato a mantener la promessa fattaci, cioè di venire per star una sera da noi, e potrà star a cena in parlatorio, perché la scomunica è mandata alla tovaglia e non alle vivande.
      Mandogli qui inclusa una carta, la quale, oltre al manifestargli qual sia il nostro bisogno, gli porgerà anco materia di ridersi della mia sciocca composizione; ma il veder con quanta benignità V. S. esalta sempre il mio poco sapere, m'ha dato l'animo a far questo. Scusimi adunque V. S., e con la sua solita amorevolezza supplisca al nostro bisogno. La ringrazio del pesce, e la saluto affettuosamente insieme con Suor Arcangela. Nostro Signore gli conceda intera felicità.

      figliuola Affezionatissima
      S. M. C.


      11.

      In Villa

      San Matteo, 29 ottobre [1623 ?]


      Molto Illustre e Amatissimo Signor Padre.
      S'io volessi con parole ringraziar V. S. del presente fattoci, oltre che non saprei a pieno sodisfare al nostro debito, credo che a lei non sarebbe molto grato, come quella che, per sua benignità, ricerca più presto da noi gratitudine d'animo che dimostrazioni di parole e cerimonie. Sarà dunque meglio che nel miglior modo che possiamo, ch'è con l'orazione, cerchiamo di riconoscere e ricompensar questo e altri infiniti, e di gran lunga maggiori, benefizi che da lei ricevuti abbiamo.
      Gl'avevo domandato dieci braccia di roba, con intenzione che pigliassi rovescio stretto e non questo panno di tanta spesa e così largo e bello, quale sarà più che a bastanza per farne le camiciuole.
      Lascio pensar a lei quale sia il contento che sento in legger le sue lettere che continuamente mi manda; che solo il vedere con quale affetto V. S. si compiace di farmi partecipe e consapevole di tutti i favori, che riceve da questi signori, è bastante a riempirmi d'allegrezza. Se bene il sentire che così presto deve partirsi mi pare un poco aspro, per aver a restar priva di lei, e mi vado immaginando che sarà per lungo tempo, né credo d'ingannarmi.
      E V. S. può credermi, poiché gli dico il vero, che dopo lei, io non ho altri che possa darmi consolazione alcuna; non per questo mi voglio dolere della sua partita, parendomi che più presto mi dorrei de' suoi contenti; anzi me ne rallegro, e prego e pregherò sempre Nostro Signore che gli conceda perfetta sanità e grazia di poter far questo viaggio prosperamente, acciò con maggior contento possa poi tornarsene in qua, e viver felice molti anni: che così spero che sia per seguire con l'aiuto di Dio.
      Gli raccomando bene il nostro povero fratello, se ben so che seco non occorre, e la prego ormai a perdonargli il suo errore, scusando la sua poca età ch'è quella che l'ha indotto a commetter questo fallo, che, per esser stato il primo, merita perdono: sì che torno a pregarla che di grazia lo meni in sua compagnia a Roma, e là, dove non gli mancheranno l'occasioni, gli dia quegli aiuti che l'obbligo paterno e la sua natural benignità e amorevolezza ricercano.
      Ma perché temo di non venirgli a fastidio, finisco di scrivere, senza finir mai di raccomandarmeli in grazia. E gli ricordo che ci è debitore d'una visita che ci ha promesso, è molto tempo. Suor Arcangela e l'altre di camera la salutano infinite volte.

      figliuola Affezionatissima
      S. M. Celeste G.


      12.

      A Bellosguardo

      San Matteo, 21 novembre 1623


      Molto Illustre Signor Padre.
      L'infinito amore ch'io porto a V. S. ed anco il timore che ho che così subito freddo, ordinariamente a lei tanto contrario, gli causi il risentimento de' suoi soliti dolori e d'altre sue indisposizioni, non comportano ch'io possa star più senza aver nuove di lei: mando adunque costì per intender qualcosa sì dell'esser suo come anco quando pensa V. S. doversi partire. Ho sollecitato assai in lavorare i tovagliolini, e sono quasi al fine; ma nell'appiccare le frange trovo che di questa sorte, che gli mando la mostra, ne manca per dua tovagliolini, che saranno quattro braccia. Avrò caro che le mandi quanto prima, acciò che possa mandarglieli avanti che si parta; che per questo ho preso sollecitudine in finirgli.
      Per non aver io camera dove star a dormire la notte, Suor Diamante, per sua cortesia, mi tiene nella sua, privandone la propria sorella per tener me; ma a questi freddi vi è tanto la cattiva stanza, che io, che ho la testa tanto infetta, non credo potervi stare, se V. S. non mi soccorre, prestandomi uno de' suoi padiglioni, di quelli bianchi che adesso non deve adoperare. Avrò caro d'intendere se può farmi questo servizio. E di più la prego a farmi grazia di mandarmi il suo libro [Il Saggiatore], che si è stampato adesso, tanto che io lo legga, avendo io gran desiderio di vederlo.
      Queste poche paste che gli mando, l'avevo fatte pochi giorni sono, per dargliene quando veniva a dirci addio. Veggo che non sarà presto come temevo, tanto che gliele mando, acciò non indurischino. Suor Arcangela seguita sempre a purgarsi, e se ne sta non troppo bene con dua cauteri che se gli sono fatti nelle cosce. Io ancora non sto molto bene, ma per esser omai tanto assuefatta alla poca sanità, ne faccio poca stima, vedendo di più che al Signore piace di visitarmi sempre con qualche poco di travaglio. Lo ringrazio, e lo prego che a V. S. conceda il colmo d'ogni maggior felicità. E per fine di tutto cuore la saluto in nome mio e di Suor Arcangela.

      figliuola Affezionatissima
      S. M. Celeste.

      Se V. S. ha collari da imbiancare potrà mandarceli.


      13.

      A Bellosguardo

      San Matteo, 10 dicembre 1623


      Molto Illustre e Amatissimo Signor Padre.
      Pensavo di poter presenzialmente dar risposta a quanto mi disse V. S. nell'amorevolissima sua lettera scrittami già son parecchi giorni. Veggo che il tempo ne impedisce, sì che mi risolvo con questa mia notificargli il mio pensiero. Dicogli adunque che il sentire con quanta amorevolezza Lei si offerisce ad aiutare il nostro monastero, mi apportò gran contento. Lo conferii con Madonna e con altre Madri più attempate, quali mi mostrorno quella gratitudine che ricercava la qualità dell'offerta; ma perché stavano sospese, non sapendo infra di loro a che risolversi, Madonna scrisse per questo al nostro Governatore, ed egli rispose, che per esser il monastero tanto bisognoso, gli pareva che ci fossi più necessità di adimandar qualche elemosina che altro. Fra tanto io ho discorso più volte sopra questo con una monaca, ch'è di giudizio, e di bontà mi pare che sopravanzi tutte l'altre; ed ella mossa, non da passione, o da interesse alcuno, ma da buon zelo, m'ha consigliato, anzi pregato a domandargli cosa che a noi indubitatamente sarebbe molto utile e a V. S. molto facile ad ottenere: cioè che da Sua Santità ci impetrassi grazia che potessimo tener per nostro confessore un Regolare o Frate che dir lo vogliamo, con condizione di cambiarlo ogni tre anni, come si costuma per l'altre; e per questo di non levarsi dall'obedienza dell'ordinario, ma solo per ricever da questo i Santi Sacramenti: ed è questo a noi tanto necessario che non si può dire, e per moltissime cause, alcune delle quali ho qui notate nell'inclusa carta che gli mando.
      Ma perché so che non può V. S., mediante una semplice mia parola, muoversi a dimandar questo, oltre all'informarsene con qualche persona esperimentata, potrà, quando vien qui, cercar così dalla lunga d'intender qual sia circa di questo l'animo di Madonna, e di qualcun'altra di queste più attempate, senza però mai scoprir la causa per la quale gliene dimanda. E di grazia non ne parli niente con messer Benedetto, perché senz'altro lo manifesterebbe a Suor Chiara, e lei poi a tutte le monache; ed eccoci rovinate, perché in fra tanti cervelli è impossibile che non ci siano variati umori; e per conseguenza qualcuna, a chi potessi dispiacere questo, e metter qualche impedimento acciò non si ottenessi. E pure anco non è conveniente, per rispetto di dua o tre, privar tutte in comune di tanto utile che di questo, sì per lo spirituale come per il temporale, ne potrebbe riuscire.
      Resta adesso che V. S. con il suo retto giudizio, al quale ci apportiamo, vada esaminando se gli par lecito il domandar questo, e in che modo si deva domandare per ottenerlo più facilmente; perché, quanto a me, mi pare che sia domanda lecita, tanto più per averne noi estrema necessità.
      Ho voluto scrivergli oggi, perché, essendo il tempo tanto quieto, penso che V. S. sia per venir da noi avanti che torni a rompersi, e acciò che già sia informata dell'uffizio che è necessario che faccia con questo vecchie, come già gli ho detto.
      Perché temo d'infastidirla più troppo, lascio di scrivere, riserbando molte cose che mi restano per dirgliene alla presenza. Oggi aspettiamo monsignor Vicario che viene per l'elezione della nuova Abbadessa. Piaccia a Dio che sia eletta quella ch'è più conforme al suo volere; e a V. S. conceda abbondanza della sua santa grazia.

      figliuola Affezionatissima
      S. M. Celeste.


      [ Segue il memoriale di Suor Maria Celeste ]

      La prima e principal causa, che ne muove a domandar questo, è il veder e il conoscere che la poca cognizione ed esperienza, ch'hanno questi preti, degli ordini e obblighi ch'abbiamo noi religiose, ci dà grand'occasione, o, per dir meglio, buona licenza che viviamo sempre più dilandito e con poca osservanza della regola nostra; e chi dubita che, mentre viviamo con poco timor di Dio, non siamo anco per vivere in continua miseria quanto alle cose temporali? Dunque bisogna levar la prima causa ch'è questa che già gl'ho detto.
      La seconda è che, per ritrovarsi il nostro monastero nella povertà che sa V. S., non può sodisfar ai confessori, che ogni 3 anni si partono, dando loro il dovuto salario avanti che si partino: onde che io so, tre di quelli che ci sono stati hanno a avere buona somma di danari, e con questa occasione vengono spesse volte qui a desinare, e pigliano amicizia con qualche monaca; e, quel ch'è peggio, ci portano in bocca, e si dolgon di noi dovunque vanno, sì che siamo la scorta di tutto il Casentino, di dove vengono questi nostri confessori, usi più a cacciar lepre che a guidar anime. E credami V. S. che se io volessi raccontargli le goffezze di questo, che abbiamo al presente, non verrei mai alla fine, perché sono incredibili e infinite.
      La terza sarà, che un Regolare non sarà mai tanto ignorante, che non sappia molto più d'uno di questi tali, o se non saprà, non andrà almanco per ogni minimo caso che fra di noi occorra, a domandar consiglio in vescovado o altrove, come si deva portare o governare, come tutto il giorno fanno questi preti; ma ne addimanderà a qualche padre letterato della sua Religione. E così le nostre cause si sapranno in un convento solo e non per tutto Firenze, come si sanno al presente. Dopo che, se non altro per esperienza, saprà benissimo un frate i termini che deva tenere con monache, acciò che vivine più quiete che sia possibile; dove che un prete, che vien qui senza aver, si può dir, cognizione di monache, ha compito il tempo determinato di 3 anni che ci deve stare, avanti ch'abbia imparato quali siano gli obblighi ed ordini nostri.
      Non domandiamo già più i padri d'una Religione che d'un'altra, rimettendoci nel giudizio di chi ne impetrerà e concederà tal grazia. Ben è vero che quelli di Santa Maria Maggiore, che molte volte son venuti qui per confessori straordinari, ci hanno dato gran satisfazione; e credo che farebbono più il caso nostro. Prima, per esser Padri molto osservanti e in buona venerazione; e dopo questo, perché non ambiscono a gran presenti, ne si curano (essendo usi a viver poveramente) di far una vita esquisita, come altri d'altra Religione hanno voluto, quando ci son venuti; e come fanno i preti che ci son dati per confessori, che, venendo qui per tre anni soli, in quel tempo non cercano altro che l'utile e interesse proprio, e quanta più roba possono cavar da noi, più valenti si reputano.
      Ma, senza ch'io stia ad estendermi più oltre con altre ragioni che gli potrei addurre, può V. S. informarsi in quale stato si trovavano prima il monasterio di San Jacopo, quello di Santa Monaca ed altri, e in quale si trovano al presente, poiché son venuti al governo di frati che hanno saputo ridurli per la buona strada.
      Non per questo domandiamo di levarci dall'obbedienza dell'ordinario, ma solo d'esser sacramentate e governate da persone esperimentate, e che sappiano qualcosa.