BIBLIOTHECA AUGUSTANA

 

Michelangelo Buonarroti

1475 - 1564

 

Lettere

 

Prefazione

 

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[v]

Pubblicando le Lettere di Michelangelo, mentre Firenze si appresta a celebrare il Quarto Centenario dalla sua nascita, ha creduto il Comitato a ciò eletto, non solo di onorare meglio e più degnamente la memoria del grande artista, ma di lasciare altresì ai posteri bella e più durevole ricordanza di tanta solennità.

Dopochè da quattro secoli di Michelangelo Buonarroti si ragiona e si scrive, e solenni critici hanno del divino ingegno, delle mirabili opere e dell'altissimo grado che tiene nell'arte, ampiamente discorso; certo non passerebbe senza nota di presunzione, che io non artista, nè dell'arte intendente, pigliassi la presente occasione, in cui si pubblicano le sue Lettere, per dirne nuovamente, e volessi aggiungere il mio agli autorevoli giudizi altrui. Il che, oltre essere per la detta ragione superfluo, riuscirebbe ancora tanto inopportuno, quanto la natura stessa del Libro pare che meno il richiegga; nel quale mentre scarseggiano i particolari dell'artista, abbondano invece quelli dell'uomo. Per le Lettere infatti di Michelangelo, tutte più o meno importanti, e talune bellissime e piene di sentimento e di forza, dove il pensiero è più che espresso, scolpito; e dove, se la passione il commuove, egli s'innalza fino all'eloquenza; noi possiamo acquistare dell'animo suo, delle qualità del suo cuore e de' suoi sentimenti, assai migliore e più intiera notizia, che dai passati Biografi non s'abbia. Da esse apparisce con quale affettuosa reverenza onorasse il padre; col quale avendo avuto più volte, per cagione d'interessi, screzi e questioni assai vive, giammai i termini della modestia non trapassò, comportandosi sempre da figliuolo amorevole [vi] e rispettoso. Ed eguale amore portava ai fratelli, ai quali, sebbene fossero di natura molto diversa dalla sua, cercò con ogni sollecitudine di procacciare un onesto avviamento, e di buone somme di denari per questo effetto gli aiutò. E quando la morte gli tolse l'uno e gli altri, nell'unico nipote tutta la sua affezione raccolse; lui riguardò come il conforto della sua vecchiezza e d'ogni suo avere lo fece erede, perchè onorevolmente tirasse innanzi la casa. De' suoi servitori, che furono molti e sempre da lui trattati amorevolmente, sebbene pochi gli corrispondessero, nessuno fu più dell'Urbino amato da Michelangelo: e quando con suo grandissimo dolore gli fu rapito dalla morte, egli, come padre amorevole, ebbe cura de' suoi figliuoli.

Ma per quanto rarissime fossero in lui queste belle doti dell'animo, pure egli pagò talvolta il debito all'umana fralezza. Fu Michelangelo costante nelle amicizie, ed ebbe amici provati che gli serbarono fede fino alla morte. Pure nel lungo corso della sua vita gli accadde due o tre volte di rompersi con alcuno: il che fu piuttosto per la natura sua sospettosa che lo portava a dare troppo facile orecchio alle altrui maligne parole, che per vera cagione che ne avesse. Resta ancora una lettera assai fiera e di fieri rimproveri ripiena, che gli scrisse Iacopo Sansovino. Se le accuse che egli dà a Michelangelo sieno in tutto o in parte fondate, è difficile accertare. Vero è che il Sansovino si duole di lui con troppa passione, credendo che gli fosse stata tolta un'opera, già promessagli, e data ad altri per consiglio di Michelangelo. Chi non sa che amico svisceratissimo gli fosse Sebastiano del Piombo? eppure la loro amicizia durata tant'anni, a poco a poco si raffreddò, e di poi in tutto cessò, senza che se ne possa assegnare la cagione. Certo di questa amicizia nè nel Vasari, nè nelle Lettere di Michelangelo dopo la sua andata a Roma abbiamo più segno o ricordo alcuno. Erano gli sdegni suoi nel primo impeto terribili, e parlando o scrivendo, sapeva dire benissimo e con grande efficacia l'animo suo; come può vedersi nelle sue Lettere, e massime in quella a Giovan Simone suo fratello 1) e nell'altra a Luigi del Riccio 2), tanto suo amorevole e serviziato amico. Ma questi sdegni ed impeti furono [vii] in lui passeggieri. L'animo suo era vòlto alla benevolenza; gli dispiacevano gli uomini doppi o fognati, com'egli diceva, cioè con due bocche, ma chiunque gli mostrava affetto, era da lui con altrettanto corrisposto.

Onde è certo che coloro i quali da ora innanzi piglieranno a scrivere di Michelangelo, conoscendo quanto a meglio intendere l'artista aiuti lo studio dell'uomo, faranno capitale di questo nuovo e prezioso libro che oggi si pubblica; dove sovente egli dipinge se stesso così al vivo; dà molti particolari della sua vita intima, ignoti a' Biografi, e delle fatiche per tanti anni durate nell'arte fatta suo idolo e monarca, e de' dolori che n'ebbe, spesso ragiona. Che se dalle ingiurie degli emoli, dai morsi degl'invidi, e dai capricci de' potenti fu talvolta fieramente turbato; più dell'ira e risentimento potè in lui la natural bontà dell'animo, che all'usata benevolenza in breve lo riconduceva.

Ma se queste domestiche virtù abbondarono in Michelangelo, certo non gli fecero difetto le cittadine: perchè quando un Papa ambizioso e crudele colle armi proprie e colle straniere si apprestava ad assaltare Firenze, egli dapprima spontaneo e senza speranza o promessa di premio, pose il divino ingegno a prepararne le difese, e cogli argomenti ed industrie d'un'arte nuova per lui, e per più mesi, vi si affaticò. La qual sua nobilissima azione, che i Biografi contemporanei raccontano appena e per ragioni che è facile intendere, è oggi e meritamente tenuta in gran conto, e con altissime lodi celebrata.

Pure le sorti di Firenze alfine rovinarono, più per tradimento di chi era preposto alla sua difesa, che per sforzo delle armi nemiche. E che dolore provasse Michelangelo vedendo la cara patria venuta alle mani d'un tiranno, mostrano, se non ci fosse altro testimonio, il suo epigramma per gli esuli fiorentini, e i versi fatti dire alla figura della Notte.

Dicono alcuni che ricercato del disegno d'una fortezza che il duca Alessandro intendeva innalzare nella città, egli sdegnosamente vi si rifiutasse; e che per questo il Duca non lo vedesse mai più di buon occhio, e che volentieri gli avrebbe fatto dispiacere, se non fosse stato difeso dal Papa. Ma di questo negli scrittori della sua vita non è ricordo nessuno. Aggiungono altri, che riuscendo a Michelangelo sempre più intollerabile il governo del Medici, e [viii] giudicando che colla morte del Papa verrebbe a mancargli un potentissimo protettore, risolvette di partirsi di Firenze, ed andare a Roma. Ma di questa sua risoluzione forse più vera cagione è l'esser egli stato chiamato dal Papa, che voleva servirsene per la pittura della Sistina: sebbene io creda che altra cagione segreta il movesse; la quale fu l'ardente amore per una donna, forse conosciuta da lui nella sua andata a Roma dell'agosto 1533. E di questo egli parla chiaramente in una sua lettera frammentata all'amico Angiolini.

Andato a Roma, quivi accarezzato dai Papi, ricercato dai principi e gran signori, riverito e ammirato da tutti, trapassò gli ultimi trent'anni della sua vita tra le fatiche dell'arte, che nuove glorie e nuovi dolori gli riserbava, cantando in nobilissime rime un amore alto e i santi pensieri di Dio e della morte, conversando dolcemente con gli amici, e rivolgendo le cure alla famiglia lontana, che de' suoi consigli ed aiuti ancora abbisognava.

Venendo ora alle Lettere di Michelangelo, che occupano la maggior parte del presente volume, alla loro provenienza, e a' modi da me tenuti nel pubblicarle, dirò, che esse sommano a 495, e sono tratte le più dagli autografi dell'Archivio Buonarroti, e del Museo Britannico: quelle del primo, meno qualcuna, erano tutte inedite; non così le seconde, in generale assai meno importanti, chè il Grimm nella sua Michelangelo's Leben, e il Piot nel Cabinet de l'Amateur, Année II, ne avevano stampate tra ambidue da una quarantina. Di alcune delle edite nelle Pittoriche e nel Carteggio del Gaye, ho fatto riscontro cogli autografi, e in difetto loro, con copie antiche dell'Archivio Buonarroti e di quello di Stato in Firenze; non senza vantaggio della lezione, spesso negli stampati corrotta. Quanto alle Lettere di Michelangelo a Giorgio Vasari, io mi chiamo fortunato di averle potute riscontrare, colle copie fatte da Michelangelo Buonarroti il Giovane, sopra gli originali, allora presso gli eredi del Vasari: e si vedrà col confronto quanto sciattamente fossero stampate nella Vita di Michelangelo dal Biografo Aretino.

Rispetto a' modi da me seguiti nel condurne la stampa, io ho cercato di tenermi in una via di mezzo tra la pedanteria degli uni, i quali vorrebbero con servilità eccessiva veder riprodotti i documenti con tutti i nessi, le [ix] abbreviature e le forme ortografiche; e la licenza degli altri, che correggono, mutano, aggiungono, e tutto vestono alla moderna.

Io dunque la prima cosa ho sciolto tutti i nessi e le abbreviature, levato la h, dove era lettera aspirata, mutato il ct nel doppio tt; stimando che per questo cambiamento, il suono e il significato della parola rimanga il medesimo. Certi errori di ortografia proprii di Michelangelo, come gugnio, Gorgo, page, largi, per giugno, Giorgio, paghe, larghi, ho lasciato stare, e lo stesso ho fatto di alcune parole, scritte secondochè portava la favella fiorentina; come scriverrò, librerria e liberria, amunizione, per scriverò, libreria, munizione. Insomma, sperando che questo libro vada per le mani di molti, ho procurato che nessuno dalla stranezza e novità dell'ortografia sia svogliato o noiato dal leggerlo. Ma ogni mia maggior diligenza e cura è stata posta nel dare il testo di esse Lettere, intiero e corretto il più possibile.

Dopo le Lettere vengono i Ricordi, scritti la più parte dalla mano stessa di Michelangelo, e tratti dal Museo Britannico, dall'Archivio Buonarroti e dalle stampe: ed in ultimo i Contratti Artistici, abbondante e preziosa raccolta di documenti proprii ad illustrare la vita artistica di Michelangelo e le sue Lettere. Sono anch'essi per la massima parte inediti, e si conservano nell'Archivio suddetto. 3)

 

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1) Vedi la Lettera CXXVII.  

2) È la Lettera CDLX. 

3) E qui per soddisfazione dell'animo mio riconoscente e per sentimento di giustizia debbo dichiarare che nella fatica del copiare le Lettere del Carteggio di Michelangelo nell'Archivio Buonarroti, mi hanno prestato non piccolo aiuto i miei cari amici cav. Carlo Pini, e cav. Iacopo Cavallucci; e che il padre don Gregorio Palmieri benedettino, a mia preghiera, e coll'annuenza cortese del padre abate di San Paolo suo superiore, si è sottoposto amorevolmente al disagio del viaggio da Roma a Londra, per copiare i Ricordi ed altre scritture, meno le Lettere, che si conservano tra i manoscritti di Michelangelo nel Museo Britannico. A' quali tutti io rendo pubblicamente le maggiori e migliori grazie.