BIBLIOTHECA AUGUSTANA

 

Michelangelo Buonarroti

1475 - 1564

 

Lettere

 

Lettere alla famiglia

 

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[1]

Lettere alla famiglia.

 

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[3]

A Lodovico suo padre

(dal 1497 al 1523)

 

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Archivio Buonarroti.  Di Roma, 1 di luglio 1497.

 

I.

Domino Lodovico Buonarroti in Firenze.

 

Al nome di Dio. A dì primo di luglio 1497.

Reverendissimo e caro padre. Non vi maravigliate che io non torni, perchè io non ò potuto ancora aconciare e' fatti mia col Cardinale, 4) e partir no mi voglio, se prima io non son sodisfatto e remunerato della fatica mia; e con questi gra' maestri bisognia andare adagio, perchè non si possono sforzare: ma credo in ogni modo di questa settimana che viene, essere sbrigato d'ogni cosa.

Avisovi come fray Lionardo ritornò qua a Roma, che dicie che gli era bisogniato fuggire da Viterbo e che gli era stato tolto la cappa: e voleva venire costà: onde io gli detti un ducato d'oro che mi chiese per venire, e credo che 'l dobiate sapere, perchè debe esser giunto costà.

Io non so che mi vi dire altro, perchè sto sospeso e non so ancora come la s'andrà: ma presto spero essere da voi. Sano: così spero di voi. Racomandatemi agli amici.

Michelagniolo scultore in Roma. [4]

 

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Archivio Buonarroti.  Di Roma, 19 d'agosto 1497.

 

II.

Domino Lodovico Buonarroti in Firenze.

 

Al nome di Dio. A dì 19 d'agosto 1497.

Carissimo padre, ec. Avisovi come venerdì giunse qua Bonarroto; e io come lo sepi, andai all'osteria a trovallo; e lui mi raguagliò a boca come voi la fate, e diciemi che Consiglio 5) merciaio vi dà una gran noia e che non si vuole acordare i' modo nessuno, e che vi vuole far pigliare. Io vi dico che voi veggiate d'accordalla e di dàgli qualche ducato inanzi; e quello che voi rimanete d'accordo di dargli, mandatemelo a dire, e io ve gli manderò, se voi no' gli avete; benchè io n'abbi pochi, come io v'ò detto, io m'ingiegnierò d'acattargli, acciò che non s'abbi a pigliare danari del Monte, come mi dicie Bonarroto. Non vi maravigliate che io v'abbi scritto alle volte così stizosamente, che io ò alle volte di gran passione per molte cagione che avengono a chi è fuor di casa.

Io tolsi a fare una figura da Piero de' Medici 6) e comperai il marmo: poi noll'ò mai cominciata, perchè no' mi à fatto quello mi promesse: per la qual cosa io mi sto da me, e fo una figura per mio piaciere; e comperai un pezo di marmo ducati [5] cinque e non fu buono: ebi buttati via que' danari: poi ne ricomperai un altro pezzo, altri cinque ducati, e questo lavoro per mio piaciere: sì che voi dovete credere che anch'io spendo e ò delle fatiche: pure quello mi chiederete, io ve lo manderò, s'io dovessi vendermi per istiavo.

Buonarroto è giunto a salvamento e tornasi all'osteria, e à una camera e sta bene e non gli mancherà mai nulla, quant'e' vorrà stare. Io non ò comodità di tenello meco, perchè io sto in casa altri, ma basta ch'io non gli lascierò mancar nulla. Sano: così spero di voi.

Michelagniolo in Roma.

(Di mano di Lodovico:)

Dicie aiutarmi pagare Consiglio. [6]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, 31 di gennaio 1507.

 

III. 7)

A Lodovico di Lionardo di Buonarrota Simoni in Firenze.

Data nella Dogana di Fiorenza.

 

Padre reverendissimo. I' ò inteso per una vostra, come lo Speda­lingo non è mai tornato di fuora; per la qualcosa non avete potuto venire alla conclusione del podere come desideravi: io n'ò avuta passione anch'io, perchè stimavo voi l'avessi oramai tolto. Dubito che lo Spedalingo non sia andato fuora a arte, per non s'avere a spodestare di quella entrata e per tenere e' danari e el podere. Avisatemi: perchè se così fussi, gli caverei e' mia danari di mano, e terre' gli altrove.

De' casi mia di qua io ne farei bene, se e' mia marmi venissino: ma in questa parte mi pare avere grandissima disgrazia, che mai poi che io ci sono, sia stato dua dì di buon tempo. S'abattè a venirne più giorni fa una barca che ebbe grandissima ventura a non capitar male, perchè era contratempo: e poi che io gli ebbi scarichi, subito venne el fiume grosso e ricopersegli i' modo, che ancora non ò potuto cominciare a far niente, e pure do parole al Papa e tengolo in buona speranza, perchè e' non si crucci meco, sperando che 'l tempo s'aconci ch'io cominci presto a lavorare; che Dio il voglia!

Pregovi che voi pigliate tutti quegli disegni, cioè tutte quelle carte che io messi in quel saco che io vi dissi, e che voi ne facciate un fardelletto e mandatemelo per uno vetturale. Ma vedete d'aconciarlo bene per amor dell'aqua; e abbiate cura, quando l'aconciate, che e' no' ne vadi male una minima carta; e racomandatela al vetturale, perchè v'è cierte cose che importano assai; e scrivetemi per chi voi me le mandate, e quello che io gli ò a dare. [7]

Di Michele, 8) io gli scrissi che mettessi quella cassa in luogo sicuro al coperto, e poi subito venissi qua a Roma e che non mancassi per cosa nessuna. Non so quello s'arà fatto. Vi prego che vo' gniene rammentiate e ancora prego voi che voi duriate un poco di fatica in queste dua cose, ciò è in fare riporre quella cassa al coperto in luogo sicuro; l'altra è quella Nostra Donna di marmo, 9) similmente vorrei la facessi portare costì in casa e non la lasciassi vedere a persona. Io non vi mando e' danari per queste dua cose, perchè stimo che sia picola cosa; e voi se gli dovessi acattare, fate di farlo, perchè presto, se e' mia marmi giungono, vi manderò danari per questo e per voi.

Io vi scrissi che voi domandassi Bonifazio a chi e' faceva pagare a Luca quegli cinquanta ducati che io mando a Carrara a Matteo di Cucherello, e che voi iscrivessi el nome di colui che gli à a pagare, in sulla lettera che io vi mandai aperta e che voi la mandassi a Carrara al detto Matteo, acciò che e' sapessi a chi egli aveva a andare in Luca per e' detti danari. Credo l'arete fatto: prego lo scriviate ancora a me, a chi Bonifazio gli fa pagare in Luca, acciò che io sappia el nome e possa scrivere a Matteo a Carrara, a chi egli à andare in Luca, per e' detti danari. Non altro. Non mi mandate altro che quello che io vi scrivo, e e' panni mia e le camicie li dono a voi e a Giovan Simone. Pregate Dio che le mie cose vadino bene; e vedete di spendere a ogni modo per insino in mille de' mia ducati in terre, come siàno rimasti.

A dì trentuno di giennaio mille cinque ciento sei. 10)

Vostro Michelagniolo in Roma.

 

Lodovico: io vi prego che voi mandiate questa lettera, che è fra queste che io vi mando, che va a Piero d'Argiento, e prego che voi facciate che e' l'abbi. Credo che per la via degl'Ingiesuati l'andrebbe bene, perchè spesso vi suole andare di que' Frati. Io ve la racomando. [8]

 

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Museo Britannico.  Di Bologna, 8 di febbraio 1507.

 

IV.

A Lodovico di Lionardo di Buonarrota Simoni in Firenze.

Data nella bottega di Lorenzo Strozzi, arte di lana in Porta Rossa.

 

A dì otto di febraio 1506.

Reverendissimo padre. Io ò ricevuta oggi una vostra per la quale intendo come voi siate stato raguagliato da Lapo e Lodovico. 11) Io ò caro che vo' mi riprendiate, perchè io merito d'essere ripreso come tristo e pecatore quant'è gli altri e forse più. Ma sappiate che io non ò pecato nessuno in questo fatto di che voi mi riprendete, nè con loro nè con nessuno altro, se non del fare più che non mi si conviene: e sanno bene tutti gli uomini con chi mi sono mai impacciato, quello che io do loro; e se nessuno lo sa, Lapo e Lodovico son quegli che lo sanno meglio che gli altri; che l'uno à avuto in uno mese e mezo ducati venti sette e l'altro diciotto largi, e le spese: e però vi prego non vi lasciate levare a cavallo. Quando e' si dolfono di me, voi dovevi domandare loro quanto gli erano stati con meco e quello che gli avevano avuto da me; e poi aresti domandato di quello che e' si dolevano. Ma la passione loro grandissima, e massimamente di quel tristo di Lapo, si è stata questa; che gli avevano dato a 'ntendere a ognuno che erono quegli che facevano quest'opera, overo che erono a compagnia meco: e non si sono mai acorti, massimamente Lapo, di non essere el maestro, se non quand'io l'ò cacciato via: a questo solo e' s'è aveduto ch'egli stava meco: e avendo già intelate tante [9] faccende e cominciato a spacciare il favore del Papa, gli è paruto strano che io l'abbi cacciato via com'una bestia. Duolmi che gli abbi di mio sette ducati: ma s'io torno costà, e' me gli renderà a ogni modo: benchè e' mi doverrebe ancora rendere gli altri che gli à avuti, s'egli à coscienza: e basta. Io non mi distenderò altrimenti, perchè de' casi loro ò scritto a messer Agnolo 12) abastanza; al quale io prego che voi andiate, e se potete menare el Granaccio 13) con esso voi, lo meniate e facciate leggere la lettera che io gli ò scritta, e 'ntenderete che canaglia e' sono. Ma pregovi che voi tegniate segreto ciò che io iscrivo di Lodovico, perchè se io non trovassi altri che venissi qua a fondere, vedrei di ricondur lui, perchè in verità io non l'ò cacciato di qua; ma Lapo, perchè gli era troppo vitupero a venirne solo, à sviato anche lui per alleggerirsi. Intenderete dall'Araldo ogni cosa e come ve n'avete a governare. Non fate anche parole con Lapo, perchè ci è troppa vergognia; ch'el fatto nostro non va con loro.

De' casi di Giovansimone, a me non pare che e' venga qua, perchè 'l Papa si parte in questo carnovale e credo che verrà alla volta di Fiorenza, e qua non lascia buon ordine: qua (sic) ci sia qualche sospetto, secondo che si dice, il che non è da cercare nè da scrivere: basta che quand'e' nulla avenissi, chè nol credo, io non voglio avere obrigo di frategli alle spalle. Di questo none pigliassi amirazione e none parlassi a uomo nessuno del mondo, perchè avendo bisognio d'uomini, non troverrei chi ci venissi; e poi credo ancora che le cose anderanno bene. Io sarò presto di costà e farò tal cosa, che io contenterò Giovansimone e gli altri: che a [10] Dio piaccia! Domani vi scriverò un'altra lettera di certi danari ch'io vo' mandare di costà, e quello n'avete a fare. Di Piero 14) ò inteso: lui vi risponderà per me, perchè gli è uomo da bene, come è sempre stato.

Vostro Michelagniolo in Bolognia.

 

Ancora v'aviso per rispondere alle straneze che Lapo dice che io gli ò fatte. Io ve ne voglio scrivere una, e questa è, che io comperai sette cento venti libre di cera; e innanzi che io la comperassi, dissi a Lapo che cercassi chi n'avea e che facessi el mercato e che io gli darei e' danari che la togliessi. Lapo andò e tornò: e dissemi che la non si poteva aver per manco un quattrino di nove ducati largi e venti bolognini el centinaio; che sono nove ducati e quaranta soldi; e che io la togliessi presto, poichè io avevo trovato tal ventura. Io gli risposi, e dissigli che andassi a 'ntendere se poteva levare que' quaranta soldi al centinaio, e che io la torrei. Mi rispose: questi bolognesi son di natura che non leverebbono uno quattrino di quello che e' chiegono. In questo punto presi sospetto e lasciai andar la cosa. Poi el dì medesimo chiamai Piero in disparte e dissigli segretamente che andassi a vedere per quanto e' poteva avere el centinaio della cera. Piero andò a quel medesimo di Lapo, e mercatolla otto ducati e mezo: e io la tolsi, e di poi mandai Piero per la senseria, e ancora gli fu data questa. È una delle straneze che io gli ò fatte. Veramente io so che gli parve strano che io m'acorgessi di quella gunteria. Non gli bastava otto ducati largi el mese e le spese, che ancora s'è ingegniato di guntarmi e puommi avere guntato molte volte, che io no' ne so niente, perchè mi fidavo di lui: nè mai vidi uomo avere più colore di buono che à lui, ond'io credo che sotto la sua bontà e' n'abbi gabato degli altri. Sì che non fidate di lui di cosa nessuna e fate le vista di nol vedere. [11]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (del giugno 1508).

 

V.

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Padre reverendissimo. Intendo per l'ultima vostra come costà s'è detto che io son morto. È cosa che importa poco, perchè io son pur vivo. Però lasciate dir chi dice, e non parlate di me a nessuno, perchè e' c'è di mali omini. Io attendo a lavorare quanto posso. Non ò avuto danari già tredici mesi fa dal Papa e stimo infra un mese e mezzo averne a ogni modo, perchè àrò francati molto ben quegli che i' ò avuti. Quando non me ne dessi, mi bisognierebe acattare danari per tornar costà; chè io non ò un quattrino. Però non posso esser rubato. Idio lasci seguire il meglio.

Di mona Cassandra 15) ò inteso. Non so che me ne dire. Se mi trovassi danari, m'informerei se si potessi condurre qua 'l piato sanza mio danno, ciò è di tempo, e bisognierebemi fare un procuratore, e io non ò da spendere per ancora. Avisatemi quando è tempo, come la cosa va, e se e' vi bisognia danari, andate a Santa Maria Nuova allo Spedalingo, come già vi dissi. Non ò da dirvi altro. Io mi sto qua malcontento e non troppo ben sano e con gran fatica, senza governo e senza danari: pure ò buona speranza che Dio m'aiuterà. Racomandatemi a Giovanni da Ricasoli, a messere Agniolo Araudo.

Vostro Michelagniolo in Roma. [12]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (del luglio 1508).

 

VI.

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Padre reverendissimo. Io vi risposi per l'ultima mia com'io non ero morto, benchè non mi sia sentito troppo bene: pure adesso pure adesso (sic) sto assai bene, grazia di Dio, del male.

Ò inteso per l'ultima vostra, come el piato va: dammi passione assai, perchè conosco che con questi notai bisognia perdere a ogni modo e essere agirato, perchè e' sono tutti ladri. Nondimanco io credo pure ch'ella spenda anch'ella. Io vi conforto, non possendo avere ragionevole acordo, che voi vi difendiate quanto potete, e sopra tutto quello che voi fate, fatelo senza passione, perchè e' non è sì gran faccenda, che faccendola sanza passione non paia picola. In questo caso non bisognia guardare alla spesa: e quando e' non ci fia da spendere, Idio ci aiuterà.

Del condurre qua il piato, se si può farlo, io lo farò, perchè so che qua bisognierà che la spenda altrimenti che costà, e verrebe ancora a chieder misericordia a noi. Vero è che non potrei cominciare fino che io non ò danari dal Papa. Avisatemi: e se voi potete fare acordo, non guardate in picola cosa. Ma s'ella vi volessi far fare cosa che a voi paia disonesta, non lo fate, perchè piglierèno qualche partito da difenderci a ogni modo. Avisatemi, e non guardate che io non vi risponda, perchè molte volte non posso.

Vostro Michelagniolo in Roma. [13]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (dell'agosto 1508).

 

VII. 16)

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Reverendissimo padre. Io ò inteso per l'ultima vostra come le cose vanno di costà e come Giovansimone si porta. Non ebi, è già dieci anni, la più cattiva novella, che la sera che io lessi la vostra lettera, perchè mi credevo avere aconcio i casi loro, ciò è i' modo che egli sperassino di fare una buona bottega col mio aiuto, come ò loro promesso; e sotto questa speranza attendessino a farsi dassai e a imparare, per poterla poi fare quando il tempo venissi. Ora io vego che e' fanno el contrario, e massimamente Giovansimone; ond'io ò visto per questo che il fargli bene non giova niente: e se io avessi potuto il dì che io ebbi la vostra lettera, montavo a cavallo, e àrei a questa ora aconcio ogni cosa. Ma non potendo fare questo, io gli scrivo una lettera 17) come pare a me, e se egli da qui inanzi non si muta di natura, overo se lui cava di casa tanto che vaglia uno steco o fa altra cosa che vi dispiaccia, vi prego che voi me l'avisiate, perchè vedrò d'avere licenza dal Papa, e verrò costà e mosterrogli l'error suo. Io voglio che voi siate certo che tutte le fatiche che io ò sempre durate, non sono state manco per voi che per me medesimo, e quello che io ò comperato, l'ò comperato perchè e' sia vostro i' mentre che voi vivete; che se voi non fussi stato, non l'àrei comperato. Però quando a voi piace d'apigionare la casa e d'afittare el podere, fatelo a vostra posta; e con quella entrata e con quello che io vi darò io, voi viverete com'un signore; e se e' non venissi la state, come viene, io vi direi che voi lo facessi ora, e venissivi a star qua meco. Ma non è tempo, perchè ci viveresti poco la state. Io ò pensato di levargli [14] e' danari che egli à in sulla bottega e dargli a Gismondo, e che lui e Buonarroto si tornino insieme il meglio che potranno, e che voi apigioniate coteste case e 'l podere da Pazolatica, e con quella entrata e con quello aiuto ancora che io vi darò io, che voi vi riduciate in qualche luogo che voi stiate bene e possiate tenere chi vi governi o in Firenze o fuor di Firenze, e lasciar cotesto tristo col culo i' mano. Io vi prego che voi pensiate al caso vostro e in tutti que' modi che voi volete fare che vi sia il vostro, in tutti vi voglio aiutare tanto, quant'io so e posso. Avisate. De' casi della Cassandra io mi sono consigliato del ridur qua el piato. Èmmi detto che io spenderò qua tre volte più che non si farà costà: e così è cierto; perchè quello che si fa costà con un grosso, non si farà qua con dua carlini. L'altra, che io non ci ò amico nessuno di chi mi fidare, e io non potrei attendere a simil cosa. A me pare quando voi vogliate attendere, che voi andiate per la via ordinaria, secondo che vole la ragione, e che voi vi difendiate quanto voi potete e sapete, e de' danari che bisogna spendere io non vi mancherò mai i' mentre che io n'àrò; e abbiate manco paura che voi potete, perchè e' non son casi che ne vadi la vita. Non altro. Avisatemi, come v'ò detto di sopra.

Vostro Michelagniolo in Roma. [15]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (dell'agosto 1508).

 

VIII. 18)

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Reverendissimo padre. Io ò avuto a questi giorni una lettera da una monaca che dice essere nostra zia, la quale mi si racomanda, e dice che è molto povera e che è in grandissimo bisognio e che io le facci qualche limosina. Per questo io vi mando cinque ducati larghi, che voi per l'amor de Dio gnene diate quattro e mezzo, e del mezzo che vi resta, pregovi diciate a Buonarroto che mi facci comperare o da Francesco Granacci o da qualche altro dipintore un'oncia di lacca o tanta quanta e' può avere per e' detti danari, che sia la più bella che si trovi in Firenze; e se e' non ve n'è, che sia una cosa bella, lasci stare. La detta monaca nostra zia, credo che sia nel munistero di San Giuliano. Io vi prego che voi vegiate d'intendere s'egli è vero che gli abbi sì grande bisognio, perchè la mi scrive per una certa via che non mi piace. Ond'io dubito che la non sia qualche altra monaca e di non esser fatto fare. Però quando vedessi che e' non fussi vero, toglietegli per voi. E' detti danari vi pagerà Bonifazio Fazi.

Non v'ò da dire altro per ora, perchè non sono ancora risoluto di cosa nessuna che io vi possa avisare. Più per agio v'aviserò.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [16]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, 5 di novembre (1508).

 

IX.

A Lodovico di Lionardo Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Reverendissimo padre. Intendo per l'ultima vostra come avete dato alla madre e alla moglie di Michele sei staia di grano a venticinque soldi lo staio, e come siate per dargli loro, mentre aran bisognio, quello che potrete: e io vi dico che voi non diate loro altro; e quando domandassino altro, rispondete, che non avete di poi altro aviso da me.

De' panni mia intendo come me gli manderete presto: io ve ne prego: e scrivetemi la spesa che avete fatta, e io subito vi manderò e' danari del grano e questi insieme. La minuta fatela aconciare secondo la coscienzia vostra, e io subito vi manderò la procura e farèno quello che è scritto altre volte.

Ancora àrei caro che voi intendessi se costà fussi qualche fanciullo, figliuolo di buone persone e povero, che fussi uso agli stenti, che fussi per venire a star qua meco per fare tutte le cose di casa, cioè comperare e andare attorno dove bisognia; e 'l tempo gli avanzassi, potrebbe imparare. Quando trovassi, avisatemi, perchè qua non si trova se non tristi: e ònne gran bisognio. Non altro. Io sto bene, grazia di Dio, e lavoro. A dì cinque di novembre.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [17]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, 27 di gennaio (1509).

 

X. 19)

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. Io ò ricevuta oggi una vostra, la quale intendendo, ò avuto dispiacere assai. Dubito che voi non vi mettiate più timore o paura che non bisognia. Àrei caro che voi m'avisassi di quello che voi stimate che la vi possa fare, cioè del peggio, quando la facessi tutto suo sforzo. Non v'ò da dire altro. A me fa male che voi istiate in cotesta paura; ond'io vi conforto a prepararvi bene contro alle sua forze, con buon consiglio, e dipoi non vi pensar più: che quand'ella vi togliessi ciò che voi avete al mondo, non v'à a mancare da vivere e da star bene, quando non fussi altri che io. Però state di buona voglia. Io ancora sono in fantasia grande, perchè è già uno anno che io non ò avuto un grosso da questo Papa, e none chiego, perchè el lavoro mio non va inanzi 20) i' modo che a me ne paia meritare. E questa è la dificultà del lavoro, e ancora el non esser mia professione. E pur perdo el tempo mio sanza frutto. Idio m'aiuti. Se voi avete bisognio di danari, andate allo Spedalingo e fatevi dare per insino a quindici ducati, e avisatemi quello che vi resta. Di qua s'è partito a questi dì quello Iacopo 21) dipintore che io fe' venire qua; e perchè e' s'è doluto qua de' casi mia, stimo che [18] e' si dorrà ancora costà. Fate orechi di mercatanti: e basta: perchè lui à mille torti e àre'mi grandemente a doler di lui. Fate vista di non vedere. Dite a Buonarroto che io gli risponderò un'altra volta.

A' dì venti 7 di giennaio

Vostro Michelagniolo in Roma. [19]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, di giugno (1509).

 

XI.

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Reverendissimo padre. Più giorni fa vi mandai cento ducati largi di quelli che io m'ero serbati qua per vivere e lavorare; e questo feci, perchè mi paion più sicuri costà che qua. Credo gli abbiate ricievuti. Pregovi gli portiate allo Spedalingo e fategli mettere a mio conto come stanno gli altri. A me è restato qua ottanta ducati: credo mi dureranno quatro mesi, e io ò da fare qua sei mesi ancora, innanzi che io abia a avere danari dal Papa: però son certo mi mancherà danari, e stimo che e' mi mancherà cinquanta ducati. Però vi prego che de' cento che voi avete promesso di rendermi, voi me ne rendiate cinquanta: el resto vi dono: con questo che infra quattro mesi voi gli abiate a ordine a ogni modo, perchè n'àrò bisognio qua. E' cento che io ò mandati costà, mi voglio ingegniare di salvargli per rendergli a quegli del cardinale di Siena, 22) come sapete che gli ànno avere di quegli che sono in Santa Maria Nuova. Vi prego veggiate a ogni modo comperarne un podere, perchè m'è detto che stanno male. Così io resto avere ancora, finita la mia pittura qua, mille ducati dal Papa, e se la gli va bene, spero avergli a ogni modo. Però pregate Idio per lui, pel suo bene e pel nostro.

Scrivetemi subito.

A' dì.... di giugnio

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [20]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (1509).

 

XII.

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. Intendo per la vostra ultima, come lo Spedalingo v'à messo dua poderi per le mani, uno suo, uno d'altri. A me pare da comperare più presto da lui che da altri, e 'l podere sia di chi si vole, purchè lo Spedale sodi. Quello di Pian di Ripoli, secondo il vostro scrivere, è bella cosa: non so io se e' s'è bello per esser ben tenuto, o pure che le sieno buone terre. Nondimanco a me, quando fussi buono, per la spesa a me piacerebbe, perchè è comodo e massimo avendo buona casa da oste. Voi siate in sul fatto e vedete. Io non vi posso consigliare per esser qua; ma ben vi dico che quello che voi comperate, sarà ben fatto. Però non abiate rispetto nessuno, purchè e' sia buon sodo: e quello che a voi piace di tôrre, a me piacerà che voi l'abiate tolto: sia che si vole. Non m'acade altro. Fate quello che vi pare el meglio. Io verrò costà a ogni modo come ò finito qua la mia pittura, che sarà infra dua o tre mesi.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [21]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (del settembre 1509).

 

XIII.

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. Intendo per la vostra ultima come lo Spedalingo v'à straziato e come vi dà parole assai. Abbiate pazienzia e fate vista di non vedere, tanto che io tornerò e aconcierò ogni cosa. Io stimo aver finito qua infra dua mesi, e poi verrò o tornerò costà. Non ò che dirvi altro. Se io non vi scrivo più spesso, non vi maravigliate, perchè non posso, e anche non ò chi porti le lettere: nè anche voi non mi scrivete troppo per questo tempo che io ci ò a stare, perchè io non vo per le lettere e ànnomi a essere portate e dassi noia a altri. Pregate Dio che la mia cosa abi qua buon fine.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [22]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (del settembre 1509).

 

XIV.

A Lodovico di Lionardo di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. Io vi scrissi sabato passato che voi non vi curassi di scrivermi troppo spesso, e questo perchè io sto lontano dal banco e el più delle volte m'ànno a essere portate le lettere, e parmi piu presto dar noia che altro: pur nondimanco acadendo da scrivermi, pregovi mi scriviate, e massimamente quando voi fussi per comperare, fate che io il sapi. Intesi come lo Spedalingo v'avea straziato. Non me ne maraviglio, perchè se fussi buono, non sarebbe tenuto in quello luogo; pur nondimanco fategli buon viso, e mostrate di non avedere: forse gli verrà voglia inanzi che io torni di darci qualche cosa: e se nol fa, com'io torno, piglierèno qualche partito che lui non abbia a godere e' danari e 'l podere. Non altro.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [23]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (di ottobre 1509).

 

XV. 23)

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. I' ò inteso per l'ultima vostra come avete riportati e' quaranta ducati allo Spedalingo. Avete fatto bene: e quando voi intendessi che gli stessino a pericolo, pregovi me n'avisiate. Io ò finita la capella che io dipignievo: 24) el Papa resta assai ben sodisfatto: e l'altre cose non mi riescono a me come stimavo: incolpone e' tempi che sono molto contrari all'arte nostra. Io non verrò costà questo Ogni Santi, perchè non ò quello che bisognia a far quello che voglio fare, e ancora non è tempo da ciò. Badate a vivere el meglio che potete, e non v'impacciate di nessun'altra cosa. Non altro.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [24]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (del dicembre 1509).

 

XVI.

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. Per l'ultima mia vi risposi, come a me parea da comperare: però se 'l podere che voi m'avisate di Girolamo Cini vi par cosa buona e che abbi buon sodo, toglietelo; e se non vi par così, comperate da Santa Maria Nuova e spendete tutti e' danari, se potete aver cosa buona; se non, lasciàno stare tanto che e' si truovi: e quando trovassi, avisate, che io vi mandi la procura. De' fatti della casa credo acconciarla in buona forma che la sarà mia e àrò buona sicurtà. Non altro.

Vostro Michelagniolo in Roma. [25]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, 5 di gennaio (1510).

 

XVII.

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. Io vi scrissi per l'ultima come mi parea da comperare. Ora voi m'avisate che avete per le mani, oltra quello di Girolamo Cini, un altro podere a Pazolatico. Io gli comperei amendua, se e' sodi son buoni: ma vedete d'aprir gli ochi, che e' non s'abi poi a piatire. Fate con ogni diligenzia d'esser ben sodi. De' casi della casa 25) m'è dato buone parole. Non è cosa che importi: perchè io so e' non me ne va altro che la pigione del tempo che io ci starò. Non bisognia averne passione altrimenti. Buonarroto mi scrive del tôr donna: io vi scrivo la mia fantasia come è; e questa è, che io fo disegno infra cinque mesi o sei liberarvi tutti e donarvi ciò che voi avete di mio insino a questo dì; e poi che voi facciate tutto quello che vi pare: e di quello che io potrò, sempre v'aiuterò a ogni modo tutti quanti. Ma bene conforto Buonarroto che per tutta questa state non togga moglie; e se io vi fussi apresso, vi direi el perchè: poi che è stato tanto, non sarà più vechio per istar se' mesi. 26) Pur scrivemi Buonarroto che Bernardino 27) di Pier [26] Basso à desiderio di venir qua a star meco: se vol venire, venga adesso, inanzi che io tolga altri, perchè voglio cominciare a far qualcosa. El salario, gli darò quello mi scrivesti, cioè tre ducati el mese e le spese. Vero è che io vivo semplicemente in casa e così voglio stare. Avisatenelo e non indugi; e infra otto dì, se non gli piacerà l'esser mio, potrà tornarsi in costà e io gli darò tanti danari che torni. Non m'acade altro.

A dì cinque di giennaio.

Michelagniolo scultore in Roma. [27]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (del gennaio 1510).

 

XVIII.

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Reverendissimo padre. Io vi risposi de' casi di Bernardino, com'io volevo prima aconciar la cosa della casa che voi sapete: e così vi rispondo adesso. Io mandai prima per lui, perchè mi fu promesso infra pochi dì che la s'aconcierebbe e che io cominciassi a lavorare. 28) Dipoi ò visto che la sarà cosa lunga, e cerco in questo mezo se io ne truovo un'altra al proposito per uscirmene, e non voglio far lavorare niente, se prima non sono aconcio. Però raguagliatelo come sta la cosa. Del fanciullo che venne, quel rubaldo del mulattiere mi guntò d'un ducato: prese el giuramento che era restato così d'acordo, cioè di du' ducati d'oro largi; e tutti e' fanciugli che vengono qua co' mulattieri non si dà più che dieci carlini. Io n'ò avuto più sdegnio che se io avessi perduti venticinque ducati, perchè vego che è cosa del padre che l'à voluto mandare in sur un mulo molto onorevolmente. Oh io non ebi mai tanto bene, io! L'altra che 'l padre mi disse e 'l fanciullo insieme, che farebbe ogni cosa, e governerebe la mula e dormirebbe in terra se bisogniassi: e a me bisognia governallo. Mancavami faccienda oltre quella che i' ò avuta poi che io tornai! che ò avuto el mio garzone che io lasciai qua, amalato dal dì che io tornai per insino adesso. Vero è che adesso sta meglio, ma è stato in transito, sfidato da' medici, circa un mese, che mai sono intrato in letto; sanza molte altre mie: ora ò avuto questa merda seca di questo fanciullo che dice, che dice (sic) che non vuole perder tempo, che vole imparare: e dissemi costà, che e' gli bastava dua o tre ore el dì: adesso non gli basta tutto el dì, che e' vuole anche tutta la notte disegniare. Sono e' consigli del padre. Se io gli dicessi niente, direbbe che io non volessi che egli imparassi. I' ò bisognio d'esser governato: e se e' non si sentiva da farlo, non dovevano mettermi in questa spesa. Ma son fagnioni, [28] ma son fagnioni 29) e vanno a un certo fine, che basta. Io vi prego che voi me lo facciate levar dinanzi, perchè e' m'à tanto infastidito, che io non posso più. El mulattiere à avuti tanti danari, che e' lo può molto bene rimenare in costà: e' è amico del padre suo. Dite al padre che rimandi per esso: io non gli darei più un quatrino; che io non ò danari. Àrò tanta pazienzia che e' mandi per esso; e se e' non manda, lo manderò via: benchè io lo cacciai el secondo dì via e po' altre volte ancora, e non lo crede.

De' casi della bottega, io manderò a voi costà cento ducati sabato che viene; con questo, che se voi vedete che gli attendino a far bene, voi gli diate loro e che me ne faccino creditore, com'io restai con Buonarroto, quando partì: quanto che e' non attendessino a far bene, mettetegli in Santa Maria Nuova a' mia conti. Del comperare non è ancora tempo.

Vostro Michelagniolo in Roma.


Se voi parlassi al padre del fanciullo, ditegli la cosa con buon mo', modo, 30) che gli è buon fanciullo, ma che gli è troppo gientile, e che e' non è atto al servizio mio, e che si mandi per esso. [29]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (di gennaio 1510).

 

XIX.

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. Io vi mando cento ducati d'oro largi, con questo che gli diate a Buonarroto e agli altri e facciatemene far creditore alla bottega; e se gli attenderanno a far bene, io gl'aiuterò di mano in mano quanto potrò: ditelo loro: però andrete, visto la presente, a Bonifazio, o a Lorenzo Benintendi, voi e Buonarroto, e lui ve gli pagerà: vi pagerà cento ducati d'oro largi per tanti n'à da me qua Baldassare Balducci. Io vi risposi del comperare non era tempo. Delle mie cose di qua farò el meglio che io potrò: Idio m'aiuterà. Scrissivi del fanciullo che 'l padre si rimandassi per esso e che io non gli dare' più danari; e così vi rafermo: el vetturale è pagato ancora per rimenarlo in costà. El fanciullo è buono costà per istarsi a imparare e tornarsi col padre e co' la madre: qua non vale un quatrino, e fami stentare com'una bestia e l'altro mio garzone non escie ancora di letto. Vero è che io non l'ò in casa, perchè quando fu' straco, che io non potevo più, lo mandai in camera d'un suo fratello. Io non ò danari. Questi che io vi mando, me gli cavo dal cuore e anche non mi par lecito domandarne, perchè io non fo lavorare e io solo lavoro poco. Come ò aconcio questa mia facenda della casa, spero cominciare a lavorare forte.

Michelagniolo scultore in Roma. [30]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, 5 di settembre (1510).

 

XX. 31)

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. I' ò avuta una vostra stamani adì 5 di settembre, la quale m'à dato e dà gran passione, intendendo che Buonarroto sta male. Pregovi, visto la presente, m'avisiate come sta; perchè se stéssi pur male, io verrei per le poste insino costà di questa settimana che viene, benchè mi sarebe grandissimo danno: e questo è che io resto avere cinque cento ducati di patto fatto guadagniati e altrettanta me ne dovea dare el Papa per mettere mano nell'altra parte della opera. 32) E lui s'è partito di qua 33) e non m'à lasciato ordine nessuno, i' modo che mi trovo sanza danari, nè so quello m'abbia a fare. Se mi partissi, non vorrei che sdegniassi e perdermi el mio; e stare, mal posso. Ògli scritto una lettera e aspetto la risposta: pure se Buonarroto sta in pericolo, avisate, perchè lascierò ogni cosa. Fate buoni provedimenti, e che e' non manchi per danari per aiutarlo. Andate a Santa Maria Nuova allo Spedalingo, e mostrategli la mia lettera se non vi presta fede, e fatevi dare cinquanta e cento ducati, quegli che bisogniano, e non abiate rispetto nessuno. Non vi date passione, perchè Dio non ci à creati per abandonarci. Rispondete subito, e ditemi resoluto se ò a venire, o no.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [31]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, 7 di settembre 1510.

 

XXI. 34)

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Padre carissimo. I' ò per l'ultima vostra avuto grandissima passione intendendo come Buonarroto sta male: però subito visto la presente, andate allo Spedalingo e fatevi dare cinquanta o ciento ducati, bisognandovi, e fate che e' sia provisto bene di tutte le cose necessarie e che e' non manchi per danari. Avisovi come io resto avere qua dal Papa ducati cinquecento guadagniati, e altrettanta me ne dovea dare per fare el ponte e seguitare l'altra parte dell'opera mia. E lui s'è partito di qua e non m'à lasciato ordine nessuno. Io gli ò scritto una lettera. Non so quello si seguiterà. Io sarei venuto, subito ch'io ebbi la vostra ultima insino costà, ma se partissi senza licenza, dubito el Papa non si crucciassi e che io non perdessi quello che ò avere. Non dimanco se Buonarroto stéssi pur male, avisate subito, perchè, se vi pare, monterò in sulle poste e sarò costà in dua dì; perchè gli uomini vagliono più che e' danari. Avisate subito, perchè sto con gran passione.

A dì 7 di settembre.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [32]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, 15 di settembre (1510).

 

XXII. 35)

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. I' ò dato qua a Giovanni Balducci ducati trecento cinquanta d'oro largi, e' quali facci pagare costà a voi. Però, visto la presente, andate a Bonifazio Fazi, e lui ve gli pagerà, ciò è vi darà ducati trecento cinquanta d'oro largi. Poi che gli avete ricevuti, portategli allo Spedalingo, e fategli aconciare, come voi sapete che gli à aconcio l'altri per me. Rèstavi cierti ducati spicciolati e' quali vi scrissi che voi ve gli togliessi: se non gli avete presi, pigliategli a posta vostra; e se avete bisognio di più, pigliate ciò che voi avete di bisognio; che tanto quanto avete di bisognio, tanto vi dono, se bene gli spendessi tutti; e se bisognia che io scriva allo Spedalingo niente, avisate.

Intendo per l'ultima vostra, come la cosa va: n'ò passione assai: non ve ne posso aiutare altrimenti: ma per questo non vi sbigottite, e non ve ne date un'oncia di maninconia, perchè se si perde la roba, non si perde la vita. Io ne farò tanta per voi, che sarà più che quella che voi perderete: ma ricordovi ben, che voi none facciate stima, perchè è cosa fallace. Pure fate la diligenzia vostra e ringraziate Idio, che poi che questa tribulazione aveva a venire, che la sia venuta in un tempo che voi ve ne potete aiutare meglio, che non àresti fatto pel passato. Attendete a vivere e più presto lasciate andare la roba che patire disagi, che io v'ò più caro vivo e povero; chè morto voi, io non àrei tutto l'oro del mondo: e se coteste cicale costà o altri vi riprende, lasciategli dire, che e' sono uomini sconoscienti e senza amore.

A dì quindici di settembre.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma.

 

Quando voi portate i danari allo Spedalingo, menate con voi Buonarroto, e nè voi, nè lui none parlate a uomo del mondo, per buon rispetto; ciò è nè voi, nè Buonarroto non parlate che io mandi danari, nè di questi, nè d'altri. [33]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (3 d'ottobre 1510).

 

XXIII. 36)

A Lodovico di Lionardo di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Padre carissimo. Io andai martedì a parlare al Papa: il perchè v'aviserò più per agio: basta che mercoledì mattina io vi ritornai, e lui mi fece pagare quatro ciento ducati d'oro di Camera, de' quali ne mando costà trecento d'oro largi, e per trecento ducati d'oro largi ne do qua agli Altoviti che costà sien pagati a voi dagli Strozi. Però fate le quitanze che stien bene e portategli allo Spedalingo e fategli aconciare come gli altri, e ramentategli el podere: e se lui vi dà parole, ingiegniatevi comperare da altri, quando veggiate essere sicuro, e per insino a mille quatro ciento ducati vi do licenzia gli possiate spendere. Menate con voi Buonarroto, e pregate lo Spedalingo che ci voglia servire. Fate il possibile comperare da lui, perchè è più sicuro.

Io vi scrissi che le mie cose o disegni o altro non fussino toche da nessuno. Non me ne avete risposto niente. Par che voi non legiate le mie lettere. Non altro. Pregate Idio che io abi onore qua e che io contenti el Papa, perchè spero se lo contento, arèno qualche bene da lui: e ancora pregate Dio per lui.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [34]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, 11 d'ottobre (1510).

 

XXIV.

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. Io vi mandai sabato trecento ducati d'oro largi per gli Altoviti, che costà vi fussino pagati dagli Strozzi, e così credo gli àrete ricievuti e fatto quanto vi scrissi. Però n'avisate, e avisatemi quello che fa lo Spedalingo, se e' vi dà parole. Non altro. Non ho tempo da scrivere. Pregovi m'avisiate di qualcosa, che qua si dice molte favole.

A dì undici d'ottobre.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [35]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (1512).

 

XXV.

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. Io non risposi sabato alla vostra, perchè non ebi tempo. Circa e' casi dello Spedalingo, a me pare che lo scrivergli che vi pagi e' danari a vostra posta, sia quel medesimo che non gli scrivere; perchè lui adesso sa per certo che voi non anderete a levare e' danari se non quando àrete comperato, e quel medesimo si saperà quand'io gli àrò scritto. Pure avisatemi del nome suo e com'io gli ò a scrivere: e tanto farò. Delle cose che voi avete per le mani, io risposi a Buonarroto, che e' non mi dava noia nè presso nè lontano, pur che avessino buon sodo. Della cosa di Luigi Gerardini non me ne fido, perchè se fussi cosa sicura, stimo a questa ora sarebbe venduta. Non so perchè sia più riservata a noi, che a altri; e parmi che la sua necessità lo facci risicare in questa cosa. Non mi acade altro. Andate adagio: forse verrà voglia a lo Spedalingo di darci qualche cosa.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [36]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (1512).

 

XXVI.

A Lodovico di Lionardo di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Padre carissimo. Io non ò potuto prima rispondere alle vostre. Intendo, intendo 37) per l'ultima, come avete molte cose per le mani, ma triste, e così credo: e parmi esser certo non si possa comperare fuor di Santa Maria Nuova cosa senza pericolo. Però mi pare d'aspettare ancora qualche mese lo Spedalingo, perchè forse ancora lui aspetta qualche tempo per servirci; e se pure in questo mezo trovassi qualche cosa sicura e buona, toglietela e non guardate in cento ducati al pregio: e se non comperrete nè dallo Spedalingo nè da altri, io spero d'essere costà in questa Pasqua d'agniello e piglierèno qualche partito: che io non voglio che lo Spedalingo tenga e' danari mia e ci istrazi. Io ebbi più giorni fa una di Buonarroto, e non gli ò potuto dipoi rispondere. Fate mia scusa. Risponderò com'io potrò. Non mi acade altro.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [37]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, 8 di marzo 1511.

 

XXVII.

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. Io no' risposi all'ultima vostra, perchè avevo avisato Buonarroto di quello che a me parea che voi facessi, potendo; dipoi di nuovo per l'ultima che io scrissi a Buonarroto gli scrissi il medesimo, e che lui ve la leggiessi: e così credo abbiate inteso: non dimanco non potendo voi, non domando niente. Quello che mi parea che voi facessi, solo era per poter meglio aiutare o fare quello che ò promesso a cotestoro. Fate quello che potete, e non pigliate amirazione nessuna del mio scrivere, perchè sono disposto verso tutti voi, come sempre sono stato.

A dì 8 di marzo 1510.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [38]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (1512).

 

XXVIII.

A Lodovico di Lionardo di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. Io ò ricevuto dua vostre lettere e una di Buonarroto d'un medesimo tenore. Vero è che per quella di Buonarroto intendo come siate iti a vedere un podere in quello di Prato, che è una cosa bella, e come siate dietro al sodo, e se fie buono, farete 'l mercato. A me piacerebbe assai che e' si comperassi, ma io conosco di chi e' gli è, e non mi va per la fantasia che la sia cosa netta. Però aprite gli ochi e non ve ne impacciate, se non siate sicuro. De' casi di Roma c'è stato qualche sospetto, e ancora c'è, ma non tanto. Stimasi che le cose s'aconceranno: che Dio ce ne dia la grazia. Non v'ò da dire altro. Questa state stimo esser costà a ogni modo.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [39]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (1512).

 

XXIX.

A Lodovico di Lionardo di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. Io vi risposi per l'ultima mia, come a me non andava per la fantasia che quel podere che è per la via di Prato avessi buon sodo. Dipoi mi sono informato meglio, e parmi, se io non mi inganno, da non se ne impacciare. Voi m'avisate di nuovo come lo Spedalingo v'à mandato a vederne uno dua miglia discosto da Firenze, e come vi pare molto caro, e oltra di questo, non viene a cunclusione nessuna. Io vi dico, che quando si comperassi più cinquanta o ciento ducati da lui un podere che da altri, non sare' malfatto; ma non ci ò speranza, perchè io credo che sia un gran ribaldo. Quello che voi dite aver per le mani al piano della Fonte in Valdarno, quando fussi cosa buona, non mi dispiacerebbe: pure fate quello che pare a voi e comperate quello che vi piace, perchè quello che piacerà a voi, piacerà anche a me, e sia dove vole, purchè gli abi buon sodo. Io non v'ò da dire altro. In questa state verrò a ogni modo costà, se a Dio piacerà, e leverèno el gioco allo Spedalingo, se non ci dà qualcosa in questo mezo. Di Francesco di Consiglio 38) non bisognia che voi m'avisiate, perchè suo padre non fe' tal piacere a voi, che io abbi da farne a lui: e chi vuol far male, suo danno.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma.

 

Quando voi mi scrivete, non mi mandate più le lettere per via degli Altoviti. Mandatele come solevi al banco di Balduccio; e se le mandate per altri banchi, scrivete in sulla lettera: data in bottega di Baccio Bettini: e la mi sarà data. [40]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (1512).

 

XXX.

A Lodovico di Lionardo di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. Io v'avisai di quello che io m'ero informato qua, e quello che n'aveo inteso; ciò è come l'era cosa più presto pericolosa che no: dico del podere che è in quel di Prato: pure voi siate in sul fatto e vedete e intendete meglio di me. Fate quello che a voi pare. Della fede che voi volete che io facci allo Spedalingo, fate conto che io sia lo Spedalingo e fatemene una apunto colla soprascritta, e con ogni cosa, e io la copierò apunto, e manderòvela, perchè io non so el nome suo e non la saprei fare. Sichè non abbiate paura: che quando voi avessi comperato, non volendo lo Spedalingo darvi e' danari, io verrei costà in persona a farvegli dare. Se comperate, non togliete presso a Arno o altro fiume cattivo: abiate cura quello che lo Spedalingo vi vol dare: se lo potete tirare a prezo ragionevole, toglietelo; e ancora quando fussi un poco disonesto, ma non tanto, sare' da torlo. Non mi acade altro. Qua non si vede ancora quel pericolo che costà si crede, e Dio ci dia grazia che la vadi bene.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma.

 

Mandatemi quella copia della fede apunto, come voi volete che la stia, e io subito ve la manderò: e portatela allo Spedalingo e àròllo caro, acciò che e' vega che no' vogliàno comperare a ogni modo. [41]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (1512).

 

XXXI.

A Lodovico di Lionardo di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. Poi che io vi scrissi, ò inteso che solo per una fede di mia mano lo Spedalingo se ne farebbe befe: e però io ò fatto fare una procura e màndovela in questa che voi possiate mostrarla allo Spedalingo e come mio procuratore possiate farvi dare de' mia danari tanti, quanto monterà la possessione che voi comperate: e così credo che lui farà: e s'ella non vale, avisatemi.

La detta procura à fatta qua uno notaio fiorentino che si chiama ser Albizo. Io vi fo mio procuratore in questa cosa, ciò è nel risquotere dallo Spedalingo, overo farsi dare da lui tanti de' mia danari che e' tiene, quanto monterà la possessione che voi compererete, con la gabella; con questo, che in nessuna altra cosa non dobbiate ispendere un quatrino di mio sanza mia licenzia, nè levarne più che quello che bisognia per la detta compera dal detto Spedalingo. Di questa medesima sentenzia credo che sia la procura, perchè così ò informato il notaio.

Se voi comperate, sopra tutto abbiate cura al sodo e avisatemi quello che fate, overo quando avete comperato. Non altro. Questa state sanza manco nessuno ne verrò costà: el più che io possa indugiare sarà infino a settembre; ma non credo star tanto.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [42]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (1512).

 

XXXII.

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. I' ò inteso per l'ultima vostra, come le cose vanno bene di costà e come la procura che vi mandai stette bene. Tutto mi piace. Ora io àrei caro, che voi intendessi dallo spedalingo di Santa Maria Nuova se e' volessi vendere qualche possessione buona di prezo di dumila ducati largi, perchè io ò questi danari qua in sul banco di Balduccio e non mi fanno frutto nessuno. Sono stato in fantasia di spendergli qua per farmi una entrata che m'aiuti a far questa opera: dipoi ò disposto com'io ò finiti questi marmi che io ò qua, venire a fare il resto costà. Però mi pare da comperare costà: però intendete e rispondetemi più presto che potete; e se e' vi pare che io gli facci pagare questi danari costà e dipositargli in Santa Maria Nova inanzi che l'uomo comperi, acciò che ci venda poi più volentieri. Ancora avisate.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [43]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (1512).

 

XXXIII.

A Lodovico di Lionardo di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. Io ò ricevuto dua vostre d'un medesimo tenore e ò inteso el tutto, ciò è dello Spedalingo e di Raffaello sensale. 39) Io non so che mi vi dire, perchè chi non vede coll'ochio, può ma' gudicare. Però fate quello che pare a voi e quello che voi farete, sarà ben fatto: solo vi ricordo che abbiate cura grandissima al sodo, perchè questi non son tempi da perdere; che quand'e' ciò avenissi, non credo trovassi più via da rifarmi: e se voi non vedete cosa a vostro modo, abbiate pazienzia, poi che noi siàno stati tanto, ancora si può stare dua o tre mesi. No' v'ò da dire altro. Pregate Idio che le cose mia vadino bene.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [44]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (di maggio 1512).

 

XXXIV.

A Lodovico di Lionardo di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. Io ò inteso per l'ultima vostra del podere che avete avuto da Santa Maria Nuova, e come è cosa buona: 40) ond'io n'ò avuto piacere grandissimo; e benchè e' costi assai, credo che voi abbiate visto che e' sia cosa che vaglia; e quando fussi sopra pagato cento ducati, avendo el sodo che à, non è cara. Io ringrazio Idio che io sono fuora di questa faccienda. Ora me ne resta sola un'altra; e questa è di fare fare una bottega a cotestoro; chè non penso a altro el dì e la notte. Dipoi mi parrà avere sodisfatto a quello che sono ubrigato; e se mi resterà più da vivere, mi vorrò vivere in pace.

Giovanni da Ricasoli m'à scritto una lettera, alla quale non ò tempo da rispondere. Pregovi facciate mia scusa. Questo altro sabato gli risponderò. Non altro.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [45]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (1512).

 

XXXV.

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. Io vi scrissi di fare quello avevo promesso a cotestoro, e non me ne pento, anzi n'ò più voglia che non hanno loro; ma crediate a me, che e' non è tempo. Voi troverrete assai che vi consiglieranno, ma fidatevi di pochi. A me pare avendo aspettato tanto, che noi lasciàno a ogni modo passare tre mesi. Questa non è sì gran cosa che non si possa fare; e se voi vedessi che e' danari portassino pericolo o stessino male dove stanno, avisatemi. Non altro. Non ò da scrivervi per ora altrimenti.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [46]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (dell'ottobre 1512).

 

XXXVI.

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. Intendo per l'ultima vostra, come io mi guardi di non tenere 41) danari in casa e di none portare addosso, e ancora come costà è stato detto che io ò sparlato contra a' Medici.

De' danari, quegli che io ò, gli tengo nel banco di Balduccio e non tengo in casa nè adosso se non quegli che io ò di bisognio dì per dì. Del caso de' Medici, io non ò mai parlato contra di loro cosa nessuna, se non in quel modo che s'è parlato generalmente per ogn'uomo, come fu del caso di Prato; 42) che se le pietre avessin saputo parlare, n'àrebbono parlato. Dipoi molte altre cose s'è dette qua, che udendole dire, ò detto: s'egli è vero che faccino così, e' fanno male: non già che io l'abi credute: e Dio il voglia che le non sieno. Ancora da un mese in qua qualcuno che mi si mostra amico, m'à ditto di molto male de' casi loro: che io gli ò ripresi e ditto che e' fanno male a parlare così, e che non me ne parli più. Però io vorrei che Buonarroto vedessi sottilmente d'intendere donde colui à inteso che io abbi sparlato de' Medici, per vedere se io posso trovare donde la viene; e se la viene da qualcuno di quegli che mi si mostrono amici, acciò che io me ne possa guardare. Non v'ò da dire altro. Io non fo ancora niente, e aspetto che el Papa mi dica quello che io abbia a fare.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [47]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (dell'ottobre 1512).

 

XXXVII.

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. Per l'ultima vostra ò inteso come vanno le cose costà, benchè prima ne sapevo parte. Bisognia avere pazienzia e racomandarsi a Dio, e ravedersi degli errori; chè queste aversità non vengono per altro, e massimamente per la superbia e ingratitudine: che mai praticai gente più ingrate nè più superbe che e' fiorentini. Però se la iustizia viene, è ben ragione. De' sessanta ducati che voi mi dite avere a pagare, mi pare cosa disonesta e ònne avuto gran passione: pure bisognia avere pazienzia tanto quanto piacerà a Dio. Io scriverrò dua versi a Giuliano de' Medici, e' quali saranno in questa: leggietegli, e se e' vi piace di portargniene, portategniene: e vedrete se gioverranno niente. Se non gioveranno, pensate se si può vendere ciò che noi abbiàno: e andrèno a abitare altrove. Ancora quando vedessi che e' fussi fatto peggio a voi che agli altri, fate forza di non pagare e lasciatevi più presto tôrre ciò che voi avete: e avisatemi. Ma quando faccino agli altri nostri pari, come a voi, abiate pazienzia e sperate in Dio. Voi mi dite avere provisto a trenta ducati: pigliate altri trenta de' mia, e mandatemi el resto qua. Portategli a Bonifazio Fazi, che me gli facci pagare qua da Giovanni Balducci, e fatevi fare da Bonifazio una poliza della ricievuta de' detti danari e mettetela nella lettera vostra quando mi scrivete. Attendete a vivere; e se voi non potete avere degli onori della terra come gli altri cittadini, bastivi avere del pane e vivete ben con Cristo e poveramente come fo io qua; che vivo meschinamente e non curo nè della vita nè dello onore, ciò è del mondo, e vivo con grandissime fatiche e con mille sospetti. E già sono stato così circa di quindici anni che mai ebbi un'ora di bene e tutto ò fatto per aiutarvi, nè mai l'avete conosciuto, nè creduto. Idio ci perdoni a tutti. Io sono parato di fare ancora il simile i' mentre che io vivo, pur che io possa.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [48]

 

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Museo Britannico.  Di Roma, (dell'ottobre 1512).

 

XXXVIII.

A Lodovico di Lionardo di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. Intendo per l'ultima vostra come siate ribenedetti: che n'ò avuto piacere assai. Ancora intendo come lo Spedalingo vi dà speranza e come vi pare d'aspettare: e così pare a me: perchè non è da fidarsi comperare da altri; e non credo, lui avendo più volte rafermo darvi qualche cosa, che e' vi strazi: però è buono aspettare. Giovanni da Ricasoli mi richiede d'una certa cosa che io non la voglio fare: e non ò tempo stasera da scrivergli: però vi prego diciate a Buonarroto facci mia scusa seco, e dicagli non stia a mia bada: lui intenderà. Ancora vi prego mi facciate un servizio; e questo è, che gli è costà un garzone spagnuolo che à nome Alonso 43) che è pittore, el quale comprendo che sia amalato: e perchè un suo o parente o amico spagnuolo che è qua, vorrebbe sapere come gli stà; m'à pregato che io deba scriver costà a qualche mio amico e far d'intenderlo e avisarlo. Però vi prego, o voi o Buonarroto, intendessi un poco dal Granaccio che lo conoscie, come gli stà, e avisassimi di cosa certa, acciò che paia che io abbia voluto servire costui. Non altro.

Vostro Michelagniolo scultore in Roma. [49]

 

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Museo Britannico.  Di Firenze, (1516).

 

XXXIX.

A Lodovico a Settigniano.

 

Carissimo padre. Io mi maravigliai molto de' casi vostri l'altro dì, quando non vi trovai in casa; e adesso sentendo che voi vi dolete di me, e dite che io v'ò cacciato via, mi maraviglio più assai; perchè io so certo che mai dal dì che io nacqui per insino adesso, fu nell'animo mio di far cosa nè picola nè grande che fussi contra di voi, e sempre tutte le fatiche che io ho soportate, l'ò soportate per vostro amore: e poi che io sono tornato da Roma in Firenze, sapete che io l'ò sempre presa per voi, e sapete che io v'ò rafermo ciò che io ò; e' non è però molti dì quando voi avevi male, che io vi dissi e promessi di non vi mancar mai con tutte le mia forze i' mentre che io vivo, e così vi rafermo. Ora mi maraviglio che voi abiate sì presto dimenticato ogni cosa. Voi m'avete pure sperimentato già trenta anni, voi e' vostri figliuoli, e sapete che io ò sempre pensato e fattovi, quand'io ò potuto, del bene. Come andate voi dicendo che io v'ò cacciato via? Non vedete voi fama che voi mi date, che e' si dica che io v'ò cacciato via? Non mi manca altro, oltra gli afanni che ò dell'altre cose, e tutti gli ò per vostro amore! Voi me ne rendete buon merito! Ora sia la cosa come si vuole: io voglio darmi ad intendere d'avervi fatto sempre vergognia e danno; e così come se io l'avessi fatto, io vi chieggo perdonanza. Fate conto di perdonare a un vostro figliuolo che sia sempre vissuto male e che v'abi fatti tutti e' mali che si possono fare in questo mondo: e così di nuovo vi prego che voi mi perdoniate, come a un tristo che io sono, e non vogliate darmi costassù questa fama che io v'abbi cacciato via, perchè la m'importa più che voi non credete: io son pur vostro figliuolo!

L'aportatore di questa sarà Rafaello da Gagliano. Io vi prego per l'amore di Dio e non per mio, che voi vegniate insino a Firenze, perchè ò andar via, e òvi a dire cosa che importa assai e non posso venire costassù. E perchè io ò inteso di [50] Pietro 44) che sta meco, per le sua parole propie certe cose che non mi piacciono, io lo mando stamani a Pistoia e non tornerà più dove me, perchè io non voglio che e' sia la rovina di casa nostra: e voi tutti che sapevi che io non sapevo e' sua portamenti, dovevi più tempo fà avisarmi e non sarebe nato tanto scandolo.

Io son sollecitato d'andar via, e non son per partirmi se io non vi parlo e non vi lascio qui in casa. Io vi prego che voi lasciate andar tutte le passione, e che voi vegniate.

Vostro Michelagniolo in Firenze. [51]

 

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Museo Britannico.  Di Carrara, (dopo il 20 di settembre 1516).

 

XL.

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. A questi dì ò avuto per un fratello del Zara 45) una lettera di Gismondo, per la quale ò inteso come siate tutti sani, salvo che Buonarroto che à pure esso male della gamba. N'ò avuto passione, perchè dubito con medicine non se la guasti: e come io dissi a lui, non farei altro che tenerla calda e riguardarsi e lasciar fare alla natura.

Delle cose mia di qua per ancora non ò fatto niente. Ò messo a cavare in molti luogi e spero, se sta buon tempo, infra dua mesi avere a ordine tutti e mia marmi. Dipoi piglierò partito di lavorargli o qua, o a Pisa, o io me n'anderò a Roma. Qua sarei stato volentieri a lavorargli, ma mi è stato fatto qualche dispiacere; i' modo che io ci sto con sospetto. Non altro. Attendete a stare in pace, che io ò speranza che le cose anderanno bene. Una lettera che sarà in questa, vi prego la suggiellate e fatela dare a Stefano sellaio che la mandi a Roma.

Vostro Michelagniolo in Carrara. [52]

 

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Museo Britannico.  Di Carrara, (1517).

 

XLI.

A Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze.

 

Carissimo padre. Io mando costà Piero che sta meco, pel mulo. Prego gniene diate, e come torna qua con esso, me ne verrò costà a starmi tutto agosto per fare el modello di San Lorenzo, 46) id="tag46" href="#note46">[46] e mandarlo a Roma, come ho promesso. Non altro.

Vostro Michelagniolo in Carrara. [53]

 

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Museo Britannico.  Di Carrara, di luglio 1517.

 

XLII.

A Lodovico Buonarroti in Firenze.

 

Carissimo padre. I' ò ricevuto per maestro Andrea 47) una vostra lettera, per la quale intendo come avete avuto un poco di male: e 'l simile di Buonarroto. N'ò avuto passione: pure bisognia aver pazienzia. Riguardatevi più che potete. Io ò mandato costà Pietro che sta meco, pel mulo, perchè mi voglio partire di qua. Però vi prego gniene diate. Non altro. Delle cose mia fo el meglio che io posso. Infra venti dì spero esser costà.

Vostro Michelagniolo in Carrara. [54]

 

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Museo Britannico.  Di Firenze, (di giugno 1523).

 

XLIII.

A Lodovico Buonarroti a Settigniano.

 

Reverendissimo padre. I' ò stamani per una vostra una buona nuova, e questo è che e' mi pare che voi non vi contentiate del contratto 48) che s'è fatto a questi dì tra noi. Io me ne contento molto manco, e priegovi che voi acordiate questi altri, che io son sempre parato a disfarlo, perchè io non ò el modo a pagare e' danari a Gismondo e non àrei aconsentito a tal contratto, se voi non mi avessi promesso d'aiutargli pagare. Però sanza andare a ufficiali, venite a posta vostra, che voi mi fate un gran piacere, e cavatemi d'un grande alberinto; e non bisognierà che voi andiate a altro ufficiale, perchè i' ò più bisognio di danari che di vostri poderi. Non vi rispondo alle altre cose, se non che voi facciate tanto quant'e' ben vi viene.

Vostro Michelagniolo in Firenze.

 

Io vi mando Mon'Agniola a posta, per non avere altri, acciò che voi sapiate presto che a me torna un gran danno questo contratto; e sapete che io non lo potevo fare, ma fècilo per farvi bene: se non vi torna bene, io vi prego che e' si disfaccia, perchè i' ò bisognio de' mia danari, come è detto. [55]

 

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Museo Britannico.  Di Firenze, (del giugno 1523).  49)

 

XLIV.

A Lodovico Buonarroti a Settigniano.

 

Lodovico. Io non rispondo a la vostra, se non a quelle cose che mi paiono necessarie; dell'altre io me ne' fo' beffe. Voi dite che non potete riscuotere le vostre page del Monte, perchè io ò fatto dire el Monte in me. Questo non è vero, e bisognia che a questo io vi risponda, perchè voi sappiate che voi siate ingannato da chi voi vi fidate, che l'à forse riscosse e aoperatosele, e a voi fa intender questo per sua comodità. Io non ò fatto dire el Monte in me, nè lo potrei fare, quando volessi; ma è ben vero che presente Rafaello da Gagliano, el notaio mi disse: io non vorrei ch'e' tua frategli facessero qualche contratto di questo Monte, che doppo la morte di tuo padre tu non ce lo trovassi: e menommi al Monte e fecemi spendere quindici grossoni e fecevi porre una condizione che nessuno lo potessi vendere i' mentre che voi vivevi: e voi ne siate usofruttuario mentre che voi vivete, come dice el contratto che voi sapete.

Io v'ò chiarito del contratto, ciò è di disfarlo a posta vostra, poi che voi non ve ne contentate. Io v'ò chiarito del Monte e potetelo vedere a posta vostra; io ò fatto e disfatto sempre come voi avete voluto: io non so più quello che voi volete da me. Se io vi dò noia a vivere, voi avete trovato la via di ripararvi, e rederete quella chiave del tesoro che voi dite che io ò; e farete bene: perchè e' si sa per tutto Firenze come voi eri un gran rico e come io v'ò sempre rubato, e merito la punizione: saretene molto lodato! Gridate e dite di me quello che voi [56] volete, ma non mi scrivete più, perchè voi non mi lasciate lavorare: che a me bisognia ancora scontare ciò che voi avete avuto da me da venticinque anni in qua. Io non ve lo vorrei dire: non posso fare che io non ve lo dica. Abbiatevi cura e guardatevi da chi voi v'avete a guardare; chè e' non si muore più d'una volta, e non ci si ritorna a raconciar le cose malfatte. Avete indugiato alla morte a fare simil cose! Idio v'aiuti.

Michelagniolo. [57]

 

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Museo Britannico.  Di Firenze, (del giugno 1523).

 

XLV.

 

Lodovico! 50) A quelle cose che la ragione vuole che io vi risponda, io vi rispondo: dell'altre io me ne fo beffe. Voi dite che io ò fatto dire el Monte i' me e che voi non potete avere le vostre page. El Monte, non è vero che io l'abbi fatto dire in me, nè potrei senza voi farlo, e le page vostre io non ve le posso impedire. Sì che andate per esse, e vedrete che io dico el vero. È ben vero che 'l Monte non lo potete vendere, perchè l'avete venduto a me. L'altre cose fatele come voi dite, perchè e' si sa per tutto Firenze che voi eri rico e che io v'ò sempre rubato, e merito la punizione.

 

Fine delle lettere al padre.

 

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4) Raffaello Riario, detto il Cardinale di San Giorgio. Era Michelangelo da poco più d'un anno in Roma, statovi condotto da un gentiluomo del detto Cardinale, al quale Baldassarre del Milanese aveva venduto per cosa antica un Cupido di marmo scolpito dal Buonarroti. Il Condivi ed il Vasari dicono che il Cardinale, per essere persona poco intendente, ma invero molto affezionata alle cose dell'arte, non aveva fatto fare nulla a Michelangelo: ma da una lettera dell'artista a Lorenzo di Pier Francesco de' Medici, scritta da Roma ai 2 di luglio del 1496, la quale sarà ripubblicata più innanzi, si raccoglie invece che il Cardinale, comprato un pezzo di marmo, gli aveva commesso di scolpirvi una figura al naturale; e dalla presente lettera si conosce che egli restava ancora ad avere da lui per conto di questo lavoro; il quale, non sapendosi che cosa rappresentasse, è difficile di poter rintracciare se sia ancora in essere, e dove oggi si trovi.  

5) Questo Consiglio d'Antonio Cisti merciaio aveva un credito di novanta fiorini d'oro larghi contro Lodovico Buonarroti, e per questo conto era lite tra loro. Finalmente a' 14 d'ottobre del 1499 si accordarono nel modo stesso che Michelangelo disapprovava, cioè che Lodovico pose condizione, che così si chiamava la cessione della riscossione delle paghe, a favore del detto Consiglio, per altrettanta somma sopra 312 fiorini che Lodovico aveva al Monte della dote di Madonna Lucrezia Ubaldini da Gagliano sua seconda moglie. Pare che Consiglio fosse poi pagato del suo credito; perchè si trova che il primo di marzo del 1502 rinunziò alla detta condizione.  

6) Il Vasari non ricorda altri lavori fatti da Michelangelo per Piero de' Medici, se non una statua di neve nel cortile della sua casa. Ma da questa lettera si caverebbe che Piero gli avesse commesso una figura di marmo, il cui soggetto non si conosce. Si può congetturare che la figura che Michelangelo cavava per suo piacere nel pezzo di marmo da lui comprato, fosse il Cupido che poi acquistò quell'Jacopo Gallo, al quale il Buonarroti scolpì ancora il Bacco, oggi nella Galleria di Firenze, quivi pervenuto fino dal 1572 per acquisto fattone dal principe Don Francesco de' Medici collo sborso di dugento quaranta ducati dagli eredi del detto Jacopo.  

7) Questa lettera è stata pubblicata, ma non intiera, tra i Documenti alla Vita di Michelangelo scritta da Ermanno Grimm, Annover, 1864, pag. 696.  

8) Michele di Piero di Pippo detto Battaglino, scarpellatore da Settignano, che poi fu a Carrara a cavare i marmi per conto della facciata di San Lorenzo.  

9) Questa Nostra Donna di bassorilievo, alta poco più d'un braccio, nella quale Michelangelo, secondo il Vasari, volle contraffare la maniera di Donatello, fu donata da Lionardo suo nipote al duca Cosimo, avendone prima fatto fare un getto di bronzo. Ritornò poi in casa Buonarroti, dove tuttavia si conserva insieme col getto di bronzo, per dono fattone nel 1617 dal Granduca a Michelangelo il Giovane.  

10) Dalle cose dette in questa lettera, apparisce che Michelangelo seguita, contro il suo costume, il computo romano piuttostochè il fiorentino.  

11) Lapo d'Antonio di Lapo, scultore fiorentino, fino dal 1491 era tra i maestri agli stipendii dell'Opera del Duomo di Firenze. Scolpì nel 1505 la sepoltura di marmo di messere Antonio da Terranova, Spedalingo di Santa Maria Nuova. A' 10 di dicembre del 1506 ebbe licenza dagli Operai di assentarsi dall'Opera per andare a Bologna. Nato nel 1465, visse fino al 1526 in circa. Lodovico di Guglielmo del Buono fu di cognome Lotti, e nacque in Firenze nel 1458. Nella sua prima gioventù stette all'orafo nella bottega di Antonio del Pollaiuolo; poi si diede a far di getto, e fu maestro delle artiglierie della Repubblica fiorentina. Nel 1516 fuse una campana, e due candelieri di bronzo pel Duomo. Da lui nacque Lorenzo, detto Lorenzetto, scultore, del quale scrisse il Vasari.  

12) Messer Angelo di Lorenzo Manfidi da Poppi in Casentino era stato eletto secondo araldo fino dal 1500 per aiuto di messer Francesco Filareti, primo araldo e suo suocero; e morto, poco dopo il 1505, messer Francesco, eragli succeduto in quell'ufficio, nel quale durò fino ai 18 di settembre 1527, che morì. L'Araldo della Signoria, che faceva parte della famiglia di Palazzo, era un ufficiale, nel quale in processo di tempo si riunirono le incombenze che avevano in antico il Sindaco e Referendario del Comune, ed il Cavaliere di Corte o Buffone della Signoria. A questo ufficio erano sempre eletti uomini che avessero qualche spirito di poesia, perchè era loro commesso di comporre canzoni morali o storiche da recitarsi alla mensa dei Signori. E restano ancora poesie, parte a stampa e parte a penna, composte e recitate dagli Araldi; i quali cominciando dal 1350 durarono fino al 1539, e tra questi, come componitori di versi, sono più noti, Antonio di Matteo di Meglio, Anselmo Calderoni, Gio. Batta dell'Ottonaio e maestro Jacopo del Bientina, che fu l'ultimo. Negli ultimi tempi l'ufficio dell'Araldo consisteva più specialmente nel guidare tutte le cerimonie occorrenti per ricevere i grandi personaggi che capitavano con ufficio pubblico in Firenze, e gli ambasciatori de' Potentati e delle Signorie; e nel tenere un libro, dove brevemente era registrata la venuta e il ricevimento loro. Tra gli Araldi, Francesco Filarete, il primo a cui fu commesso di formare questo registro, fu anche intendente di architettura, e si trova che egli nel celebre concorso del 1490 per la facciata di Santa Maria del Fiore, presentò un suo disegno; e comparisce insieme col detto messer Angelo tra coloro che furono chiamati a dire del luogo più conveniente pel David di Michelangelo.  

13) Pittore ed amicissimo del Buonarroti, dal quale ebbe commissione di trovare de' giovani pittori che volessero andare a Roma per mostrargli il modo del lavorare in fresco, avendo egli allora a dipingere la vôlta della Sistina.  

14) Forse Piero d'Argenta.  

15) Monna Cassandra di Cosimo Bartoli, rimasta vedova fino dal 18 di giugno del 1508 di Francesco Buonarroti fratello di Lodovico, aveva un piato col cognato e coi nipoti, per cagione della sua dote, non ostante che Lodovico e i figliuoli avessero rinunziato all'eredità del fratello e dello zio. Come finisse questo loro piato, non si sa. Morì monna Cassandra a' 3 di luglio del 1530.  

16) Vedi più innanzi una fierissima e stupenda lettera di Michelangelo a questo suo fratello.  

17) La più parte delle lettere di Michelangelo manca di data. E noi l'abbiamo supplita, o desumendola da alcuni fatti, a cui esse accennano, o congetturandola per altri riscontri. Di più vogliamo avvertire che esse lettere scritte secondo il computo fiorentino, che cominciava l'anno ab incarnatione, cioè a' 25 di marzo, sono state ridotte allo stile comune.  

18) Pubblicata dal Grimm, Op. cit., pag. 704.  

19) Pubblicata in parte dal Grimm, Op. cit., pag. 702.  

20) Intendi la pittura della vôlta della Cappella Sistina.  

21) Jacopo detto l'Indaco fu uno de' pittori chiamati da Michelangelo a Roma, perchè gli mostrassero il modo del lavorare in fresco. Questo Jacopo, di cui scrive il Vasari, fu figliuolo di Domenico di Stefano Rossegli: nacque nel 1466, e morì l'8 di maggio del 1530. Fra i Ricordi di Michelangelo nell'Archivio Buonarroti è la bozza de' patti a' pittori che sarebbero andati a Roma per detto effetto; essa dice così: Pe' garzoni della pittura che s'ànno a far venire da Fiorenza, che saranno garzoni cinque, ducati venti d'oro di Camera per uno: con questa condizione, cioè, che quando e' saranno qua, e che saranno d'accordo con esso noi, che i detti ducati venti per uno che gli àranno ricevuti, vadino a conto del loro salario; incominciando detto salario il dì che e' si partono da Fiorenza per venire qua. E quando non sieno d'accordo con esso noi, s'abbi a esser loro la metà di detti danari per le spese che àranno fatto a venire qua e per il tempo.  

22) Con contratto del 5 giugno 1501, Michelangelo s'era obbligato col cardinale Francesco Piccolomini di Siena, che fu poi papa Pio III, di scolpire quindici statue di marmo per la sua cappella nel Duomo senese. Tra le condizioni del contratto l'una era, che il Cardinale prestava a Michelangelo cento ducati d'oro in oro larghi, i quali egli avrebbe scontati nelle tre ultime figure. Ma non avendo finito il lavoro, Michelangelo restava tuttavia debitore cogli eredi del Cardinale di que' cento ducati, nè gli pagò se non negli ultimi anni della sua vita. Il contratto di questa allogazione è pubblicato a pagina 19 del tomo III de' Documenti per la Storia dell'Arte Senese, raccolti ed illustrati dal dottor Gaetano Milanesi. Siena, per Onorato Porri, 1856, in-8º.  

23) Pubblicata dal Grimm, Op. cit., pag. 705.  

24) La vôlta della Cappella Sistina cominciata a dipingere il 10 di maggio 1508, come si ha da un Ricordo di Michelangelo, fu scoperta dopo diciassette mesi e venti giorni di lavoro, la mattina d'Ognissanti del 1509.  

25) Fino dal tempo che Michelangelo cominciò in Roma la sepoltura di papa Giulio, egli era tornato in una casa avuta dal Papa, della quale pagava la pigione e dove lavorava i marmi fatti condurre per quell'opera da Carrara. Ma per la nuova convenzione stipulata agli 8 di luglio del 1516, tra il Buonarroti e gli esecutori testamentari di papa Giulio, fu concesso a Michelangelo di abitare quella casa gratuitamente, per nove anni (che tanti doveva durare quel lavoro fino all'ultima sua perfezione), cominciando dal 1513, ossia dal tempo che per conto della detta sepoltura fu stipulata la seconda convenzione, la quale restò annullata colla nuova. Nel cui transunto scritto in volgare dalla mano stessa di Michelangelo, la casa è così descritta: Una chasa con palchi, sale, chamere, terreni, orto, pozzi, e sui altri habituri, posta in Roma in nella regione di Treio (Trevi) apresso alle cose di Ieronimo Petrucci da Velletri, apresso alle cose di Pietro de' Rossi, dinanzi la via pubblica, adpresso a Santa Maria del Loreto: confini dirieto, apresso le cose delli figlioli di messer Carlo Crispo, apresso le cose di messer Pietro Paluzzi, e la via pubblica dirieto risponde la piaza di San Marco. Il suo possesso fu poi contrastato a Michelangelo, quando nel 1525 e nel 1542 furono stipulati nuovi contratti con Francesco Maria e Guidobaldo duchi di Urbino.  

26) Buonarroto indugiò più che non desiderava Michelangelo a pigliar moglie, perchè solamente nel 1516 sposò la Bartolomea di Ghezzo della Casa con dote di 500 fiorini di suggello, da lui confessata a' 19 di maggio del detto anno per strumento rogato da Ser Andrea Caiani.  

27) Scultore da Settignano, che poi lavorò nella Sagrestia nuova di San Lorenzo. Morì nel 1551.  

28) Parla della sepoltura di papa Giulio.  

29) Così è replicato nell'autografo.  

30) Così sta nell'autografo.  

31) Pubblicata dal Grimm, Op. cit., pag. 706.  

32) Dopo la vôlta, Michelangelo doveva dipingere anche le facce della Cappella, com'era di patto: ma poi, perchè papa Giulio fu da altre e più gravi faccende distratto, ed in ultimo se ne morì, la cosa non andò più innanzi.  

33) Il Papa era partito di Roma ai primi giorni di settembre del 1510 per andare all'impresa di Ferrara.  

34) Pubblicata dal Grimm, Op. cit., pag. 706.  

35) Pubblicata, ma non intiera, dal Grimm, Op. cit., pag. 704.  

36) Pubblicata dal Grimm, Op. cit., pag. 707.  

37) Così sta nell'autografo.  

38) Figliuolo di quel Consiglio merciaio che piatì con Lodovico, come è stato detto indietro.  

39) Raffaello di Giorgio Ubaldini da Gagliano, parente di Lodovico Buonarroti.  

40) Michelangelo comprò dallo Spedale di Santa Maria Nuova un campo che era di Piero Strozzi, di staia otto, posto nel popolo di Santo Stefano in Pane, luogo detto Stradella, con strumento del 20 maggio 1512, rogato da ser Giovanni da Romena; e pe' rogiti dello stesso notaio, sotto dì 28 del detto mese ed anno, comprò dal medesimo Spedale un podere con casa da signore e da lavoratore posto nel detto popolo, luogo detto la Loggia.  

41) Nell'autografo: tere.  

42) Allude al miserando sacco di Prato, dove entrarono gl'Imperiali, mossi per rimettere i Medici in Firenze, il 29 di agosto del 1512, e vi stettero fino al 19 settembre seguente. Di questo sacco si legge in tutte le storie del tempo.  

43) Forse costui è quell'Alonso Berrugnete, o Berughetta, come lo chiamavano gl'Italiani, pittore, scultore ed architetto celebre, nato nel 1480. Essendo in Firenze, fece una copia del cartone di Michelangelo, e tirò innanzi, ma non finì del tutto, una tavola cominciata da Filippino Lippi per l'altare maggiore della chiesa di San Girolamo alla Costa di San Giorgio.  

44) Pietro d'Urbano da Pistoia, garzone di Michelangelo.  

45) Lo Zara da Settignano si chiamava per proprio nome Domenico, e noi crediamo che egli sia Domenico di Sandro di Bartolo Fancelli, valente scultore, il quale nacque nel 1469, e morì in Saragozza di Spagna nel 1519, dopo aver fatto il suo testamento rogato a' 19 d'aprile del detto anno da ser Michele da Villanuova, notaio spagnuolo. Domenico è l'autore del superbo monumento sepolcrale inalzato nella chiesa di San Tommaso de' Domenicani d'Avila al principe Giovanni, figliuolo unico del re Ferdinando il Cattolico. Ebbe commissione nel 15 di luglio 1518 di scolpire pel prezzo di 2100 ducati d'oro un altro monumento non meno magnifico pel cardinale Ximenes, arcivescovo di Toledo. Ma egli appena aveva cominciato a farne il disegno, che se ne morì, e quel lavoro fu allogato al celebre Bartolommeo Ordognez, scultore spagnuolo, il quale non potè condurlo a fine, essendosi infermato a Carrara, e quivi morto a' 10 dicembre del 1520. Fratello di Domenico Fancelli fu Giovanni parimente scultore che aiutò ne' detti lavori Domenico e l'Ordognez, e morì nell'aprile del 1522, lasciando erede Sandro suo figliuolo che seguitò l'arte del padre e dello zio. (Vedi Andrei canonico Pietro: Sopra Domenico Fancelli e Bartolomeo Ordognez Spagnuolo, ec. Memorie estratte da documenti inediti. Massa, tip. Frediani, 1871, in-8º; e Campori Giuseppe: Memorie biografiche degli Scultori, Architetti, Pittori, ec., nativi di Carrara e di altri luoghi della provincia di Massa, ec. Modena, Vincenzi, 1873, in-8º.)  

46) Michelangelo aveva dato a fare a Baccio d'Agnolo il modello di legname, secondo il suo disegno, della facciata di S. Lorenzo. Ma essendo quel lavoro riuscito, come dice lo stesso Michelangelo, una cosa da fanciulli, egli ne fece uno di terra, e per mezzo di Pietro d'Urbano suo garzone lo mandò a Roma al Papa e al Cardinale de' Medici gli ultimi di dicembre del 1517.  

47) Ferrucci, scultore da Fiesole, il quale a' 12 di luglio era partito da Firenze e andato a Carrara per intendere da Michelangelo i particolari dei fondamenti da farsi alla facciata di San Lorenzo.  

48) Nel contratto tra Michelangelo e Gismondo suo fratello, rogato da ser Niccolò Parenti sotto dì 16 di giugno 1523, per cagione della parte che spettava a Gismondo ed agli altri suoi fratelli sopra l'eredità della loro madre; Michelangelo si obbligò di pagare dentro due anni al detto Gismondo 500 fiorini d'oro in oro larghi, i quali poi sborsò a' 5 di maggio del 1525.  

49) La lettera, secondo il solito di Michelangelo, non ha nota nè di luogo nè di tempo: pure si può stabilire essere stata scritta nel giugno del 1523, perchè il contratto o lodo, di cui qui si ragiona, fu rogato a' 16 del detto mese da ser Niccolò di Antonio Parenti, come si rileva dal Libro del Monte segnato C. 2, N. 976, dell'anno 1514, dove sotto il 22 di giugno 1523 fu posta condizione a' fiorini 312, 10 larghi della dote della Lucrezia di Antonio da Gagliano, moglie di Lodovico Buonarroti, che non si potesse fare contratto di detta somma senza licenza di detto Michelangelo, il quale dopo la morte di Lodovico potesse di tal credito e posta fare in ogni tempo la sua volontà.  

50) Questo non è altro che il principio un po' diverso della lettera precedente.