BIBLIOTHECA AUGUSTANA

 

Tommaso Campanella

1568 - 1639

 

Lettere

 

1638

 

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Al gran Duca Ferdinando III.

 

Da che io cominciai a gustar non volgarmente qualche verità del nostro mondo, e del suo autore, onde mi vidi obbligato a richiamare la gente dalle scuole umane alla scuola del primo senno divino, stimai ancora che io ed ogni ingegno egregio portammo grande obbligo ai Principi Medicei, che facendo comparire i libri Platonici in Italia non visti da' nostri antichi fur cagione di levarci dalle spalle il giogo d'Aristotele, e per conseguenza poi di tutt'i Sofisti; e cominciò l'Italia ad esaminar la Filosofia delle Nazioni con ragione ed esperienza nella natura, e non nelle parole degli uomini. Io con questo favore fatto al secolo nostro ho riformato tutte le scienze, secondo la natura, e la scrittura de' codici di Dio. Il secolo futuro giudicherà di noi; perchè il presente sempre crocifigge i suoi benefattori; ma poi resuscitano al terzo giorno del terzo secolo. Pertanto avendo stampato molte opere in questo paese (ove Dio mi ha mandato e credo per questo fine, e non per quel che gli uomini ignari del segreto fatale van dicendo) ho ardir d'inviare a V. A. S. il secondo tomo, dove si tratta la Filosofia naturale con nuovo testo chiaro, breve e forzoso, con le dispute aggiunte contro tutt'i settari del mondo, e stabilimento della Filosofia Cristiana idest veramente razionale. Gli va ancora aggiunto la filosofia morale, la Politica, ed economica col loro testo nuovo, e quistioni come di sopra. Ci aggiunsi la Città del Sole, idea d'ottima repubblica, e di ottima città inespugnabile, e tanto riguardevole che mirandola solamente s'imparano tutte le scienze istoricamente 1). Ci aggiunsi anche un trattato del Governo ecclesiastico. Nella prima quistione che io fo: an sit cudenda nova philosophia, vedrà la testimonianza del debito de' Filosofi alla casa Medicea, e di me in particolare per le grazie che mi ha fatte il gran Duca Ferdinando I. l'anno 1593, come credo che Laurenzio Osimbardi e Baccio Valori e Ferrante de Rossi ne abbiano lasciato qualche memoria; e per che causa non venni alla lezione in Pisa, come S. A. mi comandava ed il P. Medici ne sa l'istoria da chi mi dispiace che sia passato tanto presto all'altra vita. Vedrà in questo libro V. A. che in alcune cose io non accordo col mirabile Galileo suo filosofo, e mio caro amico e padrone da quando in Padova mi portò una lettera del gran Duca Ferdinando: può star la discordia degl'intelletti con la concordia della volontà di ambidue, e so ch'è uomo tanto sincero e perfetto che avrà più a piacere le opposizioni mie (del che tra me e lui ci è scambievole licenza) che non dell'approvazione d'altri. Al medesimo gran Duca io aveva dedicato il libro de sensu rerum e per la persecuzione sopraggiuntami, che il mondo sa, non ebbe effetto, ed oggi è ristampato. Se V. A. ne avrà gusto lo consegnerò al Signor Conte Bardi suo residente, il quale, come dedicato alla virtù, mi suole favorire spesso, e nel trattare si fa conoscer per persona dedita alle scienze, alla politica, all'officiosità, e fa onore alla Patria ed a chi lo mandò in queste parti. Io resto al comandamento di V. A. e le prego da Dio sempre maggior felicità a ben de' Virtuosi e della patria comune Italia che ha sempre ricevuto benefizi, e più ne spera, dalla prudenza e valor della Casa Medicea.

Di V. A. S. Parigi, 6 di Luglio 1638.

Servitore Divotis. ed Umilis.

Fra Tommaso Campanella.

 

 

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1) Storicamente, cioè esteriormente, non in modo puramente razionale, o mentale che s'abbia a dire.